Schmitt
Schmitt

“Ho conosciuto le escavazioni del destino, / Vittorie e sconfitte, rivoluzioni e restaurazioni, / Inflazioni e deflazioni, bombardamenti, / Diffamazioni, mutamenti di regime e scoppi di tubazioni, / Fame e freddo, campo di concentramento e cella d’isolamento, / E tutto ho attraversato da parte a parte, / E tutto mi ha attraversato da parte a parte”
Schmitt FINAL

Famiglia cattolica di medio livello sociale. Plettenberg in Westfalia nel luglio 1888. Nel 1907 Carl va a Berlino per studiare filosofia ma poi sceglie gli studi giuridici. Poi Monaco e Strasburgo. Nel 1910 si laurea summa con laude con una dissertazione sul concetto di colpa. Cinque anni dopo si arruola volontariamente, si ferisce in addestramento e resta presso il comando di Monaco. L’anno dopo consegue la Habilitation accademica a Strasburgo e nel ‘19 ottiene un posto alla Handelschochschule di Monaco. Nel semestre invernale tra il ‘19 e il ‘20 studia con Max Weber. Poi docente di diritto a Greifswald e a Bonn. Alla fine degli anni Venti è una figura di spicco della cultura tedesca. Insegna a Berlino ed entra nelle élites intellettuali e politiche. Amico di Ernst Jünger, frequenta la cerchia di Franz von Papen. Fortemente anticomunista, propende per soluzioni autoritarie della crisi tedesca, ammira Hitler e nel ‘33 si iscrive al partito nazista. Viene cooptato nel Consiglio di Stato e dirige la Deutsche Juristen Zeitung. Giustifica l’operato del Führer in occasione della notte dei lunghi coltelli “un atto di autentica giurisdizione. Essa non sottostà alla giustizia, ma è essa stessa giustizia suprema”. Odiato da alcuni alti papaveri del regime che gli rimproverano l’opportunistica adesione al Nazismo, dal ‘36 viene estromesso dalla vita pubblica. Accusato di essere scarsamente antisemita rischia la vita. Grazie alla protezione di Göring non viene ucciso ma diviene un “emigrato interno”. Nel 1939, elabora il concetto di Völkerrechtlichen Großraumordnung (macro-pianificazione del diritto internazionale), una sorta di dottrina Monroe tedesca, per giustificare la politica espansionistica di Hitler.

Nel ‘45 interrogato dai sovietici e rimesso in libertà. Poi in settembre gli americani lo arrestano. Testimonia a Norimberga e viene rilasciato con un non luogo a procedere. “Se mi rendete responsabile per Hitler dovete rendere responsabile Rousseau per i giacobini”.
Privato della cattedra, allontanato dall’insegnamento, si chiude nel silenzio, nella meditazione e nella scrittura sino alla morte avvenuta nel 1985.

Un giurista esposto al pericolo del Politico. Compromesso col Nazismo, considerato da alcuni “mente mefistofelica e incarnazione del machiavellismo moderno”. Il suo pensiero in realtà nasce prima del Nazismo. Siamo di fronte ad un grande giurista reazionario e antidemocratico, assai critico nei confronti dell’ipocrisia del parlamentarismo. Un frutto avvelenato del tempo. Influenzato da Maurras e Sorel, ostile a trovare l’origine della politica tanto nell’individuo quanto nello Stato. Per lui la politica eccede l’individuo e la sua ragione, il diritto e la sua normatività. Non è legge ma decisione. La politica non è libertà ma destino. Un ordine politico è necessario e va creato partendo dal disordine, con la decisione del singolo, con la rivoluzione o col potere costituente del popolo. L’ordine politico sussiste se conserva una parte di disordine originario al proprio interno, una violenza primigenia da cui ha origine. Il tentativo moderno di non considerare l’origine irrazionale della politica, di volerla razionalizzare a tutti i costi, genera un mondo tecnico conflittuale senza capacità di comprensione e soluzione. Polemica antiborghese e antiliberale. Per Schmitt soltanto la razionalità della Chiesa cattolica, grazie al rapporto con la trascendenza, riesce a realizzare la complexio oppositurum, cioè la coesistenza degli opposti sotto la propria autorità. La modernità borghese e/o socialista fallisce perché vuol costruire l’ordine politico attraverso la rappresentanza di singoli portatori di diritti e di interessi particolari che il Parlamento dovrebbe universalizzare. L’origine di ciò che è normale è l’eccezione. Non solo la Chiesa ha fatto politica in modo efficace. Anche la politica moderna è in grado di produrre ordine concreto, un sistema di norme giuridiche, quando riconosce che l’origine dell’ordine politico consiste nell’assenza di ordine razionale, ossia che l’origine di ciò che è normale è l’eccezione. Sovranità decisionista. Tanto il sovrano di Hobbes quanto il proletariato rivoluzionario di Marx e Lenin possono essere autorità creatrice. Ciò che interessa è che la politica non è calcolo razionale ma atto creativo che, in quanto tale, fa nascere l’ordine dal nulla. Si avvertono l’influsso weberiano (politica come lotta) e il senso dell’imperfezione del mondo di stampo cattolico, di Donoso Cortés. Tutti i concetti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati e quindi privi del fondamento che Dio forniva al pensiero teologico tradizionale. La sovranità decisionista deve confrontarsi col nichilismo e quindi l’unico modo per creare ordine nella modernità nasce dal nulla. Per Schmitt Hobbes è il gigante che affida al contratto l’ordine politico affidandolo alla decisione del sovrano ma è anche il primo che usa la decisione per ridurre la politica alla norma, alla legge del Leviatano. Insomma Hobbes è un teorico dello Stato di diritto che Schmitt considera defunto. La tendenza della modernità a pensare alla politica come costruzione attraverso un processo razionale in modo da neutralizzare il conflitto è destinata al fallimento. Razionalismo teistico del Seicento, illuminismo deistico del Settecento, positivismo ottocentesco sono fasi del vano tentativo di trovare centri di riferimento neutrale alla politica. La modernità non possiede un terreno stabile su cui fondare la politica. Il fallimento è dimostrato dal trionfo della Tecnica del Novecento, la più importante manifestazione di ordine razionale ma incapace di creare ordine. Essa è disponibile per tutte le forze politiche, ne aumenta la potenza ma non è in grado di produrre una forma. Schmitt scrive sul piano della filosofia politica e del diritto ciò che Heidegger affronta per via teoretica e Jünger in modo estetico-letterario-militare. Per Schmitt lo Stato moderno è incapace di garantire ordine e di mantenere il monopolio della politica. Da qui la sua distinzione di Amico/Nemico. Il nemico non è avversario ma hostis pubblico da combattere anche sino alla morte se necessario. Questa contrapposizione è l’autentica origine della politica. Non esiste neutralità e lo Stato, in politica internazionale, deve saper distinguere l’amico dal nemico. La guerra, come scriveva Von Clausewitz, è una funzione della politica. L’assenza di conflitto è un sogno ed un inganno. Il pacifismo e l’universalismo sostengono che l’uomo è buono per natura e in nome dell’umanità tendono in realtà a delegittimare i propri avversari dichiarandoli “nemici dell’umanità “. Occorre poi estrema vigilanza verso il nemico interno e l’ordine politico va orientato nel conflitto. Ecco perché Schmitt parla di costituzione più che di Stato. La costituzione è un’unità politica concreta di un popolo, che nasce dalla decisione di un potere costituente e prevede che, prima delle norme, esista un soggetto politico dotato di volontà. Deve esistere la potenza pregiuridica del popolo/nazione che con atto di volontà, con la propria decisione fondamentale, fonte di legittimità, costruisce la forma della propria esistenza politica contro un nemico interno. Vedi la rivoluzione francese. Schmitt ritiene conclusa l’esperienza di Weimar, nata da un compromesso tra forze liberali e democratiche per combattere il comune nemico bolscevico. Suggerisce ai governanti dei primi anni Trenta di non concedere chances politiche a comunisti e nazisti e di affidare l’attività legislativa al Presidente del Reich eletto direttamente dal popolo secondo l’articolo 48 della Costituzione. La Dittatura a tutela della democrazia e dell’essenza della Costituzione.

Schmitt e Junger
Lo Stato totale per energia. Hitler però prende il potere e, tra lo stupore generale, Schmitt aderisce al partito nazista per ambizione personale e nella convinzione che il nazismo potesse sostituire lo Stato liberale ormai decrepito. Ovviamente questo suo capovolgimento di fronte viene osteggiato dai capi nazisti tranne i due più importanti, Hitler e Göring. Si occupa di politica estera ed elabora una teoria del Reich come Grossraum (Grande Spazio). Nel ‘42 scrive Terra e Mare dove ricostruisce la storia politica delle relazioni internazionali e dello scontro tra potenze terrestri e potenze marittime. Nel ‘50 il suo libro, a mio parere, più importante: Il Nomos della Terra nel diritto internazionale dello “jus publica europeaum”, dove emerge la consapevolezza che l’età della Tecnica non può essere razionalizzata dal diritto. Per Schmitt il diritto è unita di ordinamento e di localizzazione (Ordnung und Ortung) e la sua origine non è la Giustizia ma il modo in cui l’ordinamento di rapporta alla terra. Per lui Nomos non significa “legge” ma “processo fondamentale di suddivisione dello spazio, combinazione strutturante di ordinamento e localizzazione”. Quindi gli ordinamenti non nascono da un contratto ma dalla conquista del territorio. Le epoche dell’umanità sono scandite dallo spazio. Al Medioevo terrestre dove si contrappongono cristiani e non cristiani, segue la scoperta dell’America, fattore chiare della rivoluzione spaziale moderna. Ecco le linee globali come la raya, le linee d’amicizia o agonali e infine la linea dell’emisfero occidentale che mette fine col suo universalismo allo jus publiche europeaum, cioè all’ordine di Westfalia. Il reciproco riconoscimento degli Stati europei tra loro consente la guerra illimitata nel resto del mondo aggravata dalla politica di mare dell’Inghilterra. Alla fine dell’Ottocento la pretesa americana e di altre potenze extraeuropee di guadagnare un diritto internazionale universalistico ed indifferenziato, fondato sul principio che tutti i popoli possano avere uno Stato e che tutti gli Stati sono uguali di fronte alla legge internazionale, frantuma l’ordine mondiale moderno fondato su differenza e disuguaglianza. Ecco la Società delle nazioni e poi l’Onu, costruzioni che rispondono alla mentalità liberale, anglosassone, marittima, ideologicamente favorevoli alla libertà dei mari e dei commerci. Così gli Stati Uniti d’America sostituiscono l’Europa terrestre nel dominio mondiale. Ora guerra marittima ed aerea sono illimitate, aspaziali. La guerra viene criminalizzata, non è più un atto di sovranità. Nasce l’ipocrita guerra giusta, atto di polizia internazionale la cui vera essenza è l’ostilità assoluta, non limitata, verso un nemico considerato criminale. Il mondo ora è disorientato. Il mare ha trionfato, il mondo si trasforma in ordine dove esiste solo polizia e non più politica. Schmitt è altresì convinto che la politica non può morire e la risposta al mare viene dalla Teoria del partigiano nel ‘63. Il partigiano è irregolare, tellurico, capace di autentica ostilità, portatore di un nuovo Nomos della terra. Il trionfo della Tecnica nel secondo dopoguerra smorza la fiducia di Schmitt nella rinascita del politico. Il suo pensiero si limita così alla descrizione acutissima della crisi ma non è, e forse non può essere, risolutivo.
Dopo la demonizzazione Schmitt oggi viene assai studiato da filosofi e giuristi di ogni orientamento politico che gli riconoscono una profonda ed eccezionale capacità analitica. Siamo di fronte ad un pensatore eccezionale macchiato dalla compromissione col Nazismo per ambizione personale. Un terribile giurista che ha però compreso molto della natura umana e della storia dei popoli.

J.V.

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