Stalin
Stalin
“L’uomo resta di ghiaccio di fronte alla verità e si infiamma per le menzogne”
(Jean De La Fontaine)
“Più grande è la menzogna e più è probabile che attecchisca”
(Adolf Hitler)
Iosif Vissarionovic Dzugašvilj, nato nel 1879, membro del partito dal 1898, più volte incarcerato e deportato. “Oscuro bolscevico soprannominato Stalin” in un rapporto di polizia zarista del 1913. Conosciuto nell’organizzazione coi soprannomi Soso o Koba. Poi il 21 dicembre 1929, giorno del suo cinquantesimo compleanno, l’oscuro bolscevico viene celebrato dalla stampa sovietica come uomo d’acciaio, modesto, coraggioso, grande organizzatore e guida del popolo sovietico, leninista di bronzo e bolscevico di granito… Enigma Stalin: sfinge comunista, mistero insolubile, entra in scena senza scalpore, lascia un passato oscuro e nessuno si spiega come sia giunto a guidare l’Unione Sovietica. Probabilmente una dote, si fa per dire, tipica del mondo moderno: la mancanza di talento. Stalin è rozzo ed incolto rispetto a Lenin, Trockij o altri eminenti capi bolscevichi. Però ubbidisce silenziosamente, usa la menzogna e la calunnia in modo disinvolto, si schiera sempre dalla parte giusta, è spietato, non privo di coraggio, vendicativo in modo parossistico. Di povera famiglia entra in seminario a Tbilisi grazie ad una borsa di studio. Memoria formidabile e doti canore aiutano il sedicenne claudicante e con un braccio più corto a causa di incidenti giovanili ad inserirsi nella vita del seminario. Dopo due anni viene espulso; entra nel gruppo socialdemocratico di Tiflis. Nelle officine della ferrovia della città lavora il manovale Aleksej Peškov, il futuro Maxim Gor’kij. Nello stesso anno 1898 in una provincia ucraina un adolescente dell’età di Soso viene arrestato e deportato in Siberia: si chiama Lev Trockij. Nello stesso anno in Siberia orientale un deportato di ventinove anni studia e scrive sul capitalismo: si chiama Lenin. In quell’anno Soso si mette a disposizione del partito. I Demoni prendono vita. Poco portato per il lavoro intellettuale, Soso “cucina”, si occupa di organizzazione, propaganda, lotta contro l’Ochrana.
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Arrestato più volte ha modo di approfondire gli studi in carcere. Mentre il generale comandante Lenin studia la strategia, il giovane Soso si trasforma nel sottufficiale Koba. A lui tocca il lavoro sporco: rapine per finanziare il partito. Tre anni in Siberia. Poi la fuga nel 1904. Sino al ‘17 Koba entra ed esce dal carcere e va e viene dalla Siberia. Lenin nel ‘12 lo vuole nel comitato centrale del partito bolscevico. Durante il colpo di stato dell’ottobre ‘17 non è in primo piano. Nel corso della guerra civile emerge la sua rivalità personale e politica con Trockij. La sconfitta di Varsavia gli va interamente addebitata. Si vendicherà dei polacchi a Katyn vent’anni dopo. Un Lenin ormai malato, così scrive prima della morte “Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D’altro canto, il compagno Trotski come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell’attuale CC, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi… Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell’ambiente e nel rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista dell’impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotski, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere un’importanza decisiva.” Lenin muore il 21 gennaio 1924.
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Lenin e Stalin

Inizia subito lo scontro con Trockij sostenitore della rivoluzione permanente e nemico della NEP. Dal ‘26 Stalin procede alle epurazioni sino ad arrivare alle sin troppo note purghe degli anni Trenta e al sistema del Gulag. Stalin novello Gengis Khan. Ormai l’uomo d’acciaio si identifica con l’URSS. Sangue, tortura, delazione, terrore, inferno sulla terra.
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“Si può ingannare sempre una certa parte del popolo e tutto il popolo per un po’ di tempo, ma non di può ingannare tutto il popolo per sempre” diceva Abraham Lincoln. Nel caso di Stalin non è andata così. Ha ingannato tutti e sempre. Tutti tranne uno: il suo emulo Hitler, dopo la firma dello sciagurato patto del 23 agosto ‘39. Due anni dopo il patto di “amicizia” va in frantumi. Fiumi di sangue. Wehrmacht e Luftwaffe attaccano in modo spietato l’impero sovietico. Stalin incredulo. Dal ‘33 non aveva fatto altro che aiutare Hitler nella sua devastante politica espansionistica. Migliaia di ufficiali dell’Armata Rossa uccisi perché si oppongono ai disegni del georgiano. Stalin è stato soprattutto un massacratore di comunisti della prima ora, di anarchici spagnoli, di oppositori alla sua devastante politica totalitaria. Non solo li uccide… non li fa mai nascere, li cancella da archivi e album fotografici. L’ordine impartito ai partiti comunisti occidentali è di assecondare la politica hitleriana. Il partito comunista francese si distingue per zelo sino al giugno ‘41 quando Hitler attacca a tradimento il suo complice Stalin. La Grande  Guerra patriottica descritta da Stalin e dai suoi servi è pura propaganda. Non ha nulla di marxista, rinnega l’ideologia socialista e invoca le vecchie glorie della Russia imperiale come Suvorov e Kutuzov, chiede aiuto alla Chiesa ortodossa perseguitata sino al giorno prima, esalta la solidarietà dei popoli slavi contro la razza germanica. Con Stalin il problema è ricostruire la verità. Basta Katyn per capire. Stalin punta tutto su Hitler, pensa che la loro alleanza sia basata su interessi comuni, vuole il logoramento delle potenze occidentali per poter intervenire alla fine. I politici anglo-francesi si lasciano ingannare per idiozia e meschinità. Non aprono gli occhi neanche in Spagna. Il castello di carte tedesco cade per colpa di Hitler. Malgrado Stalin lo copra sul secondo fronte è Hitler stesso ad aprirlo attaccando a oriente. Stalin non crede sino alla fine ai suoi occhi, non capisce che già nel Mein Kampf il caporale austriaco aveva auspicato di “seguire le vie tracciate dagli antichi cavalieri teutonici” per trasformare la Russia in una colonia della Germania. Il “capo geniale” a forza di massacrare milioni di uomini dubbiosi, si crede infallibile. Del resto non è l’unico. Mussolini dice ad uno dei gerarchi “Questi imbecilli si scanneranno sulla linea Maginot e noi detteremo la pace”. Andrà diversamente. Churchill avverte Stalin più volte del pericolo ma il fatuo dittatore bizantino non vuole credere. In un anno i tedeschi catturano sei milioni di soldati russi. L’URSS non fa la fine della Francia soltanto grazie alle distanze immense e alle sue grandi riserve. Malgrado l’idiozia di Stalin le trombe della fama lo proclamano genio universale. Forza della propaganda. Churchill può contare su una rete spionistica eccellente e soprattutto sul lavoro di un genio matematico che si chiama Alan Turing. Senza Enigma le sorti della guerra sarebbero state ben diverse. Per ringraziare il benefattore il governo britannico lo costringerà al suicidio. Così va il mondo dal Regno Unito all’Unione Sovietica e ad ogni altra latitudine. Stalin si salva grazie alla follia hitleriana e alle truppe siberiane che fermano la Wehrmacht davanti a Mosca alla vigilia dell’inverno. Follia hitleriana che non gli consente di comprende quanto milioni di contadini russi siano ben contenti dell’avanzata tedesca perché odiano Stalin e le collettivizzazioni forzate. In Ucraina poi si salda il sentimento nazionale all’odio verso il regime. I tedeschi arrivano sino a Stalingrado perché la popolazione odia il “capo geniale” e i suoi servi. Il delirante folle austriaco vuole trasformare la Russia nelle Indie germaniche e rifiuta così l’aiuto dei russi, li vuole schiavizzare. Così Hitler salva Stalin e il suo odiato regime. Gli anglo-americani aiutano i russi con ingenti quantitativi di mezzi e uomini. Il dittatore ricambia con fiumi di accuse e oltraggi come del resto avviene sempre nei confronti dei benefattori.
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Comunque grazie alla vittoria contro i nazisti e allo spaventoso tributo di sangue versato dai russi (21 milioni di morti o forse più), il georgiano rafforza la sua posizione di padre dell’URSS e benefattore dell’umanità. Qualche ingenuo norvegese e ceco vorrebbe addirittura assegnargli il Nobel per la pace. Intanto il dittatore continua le epurazioni avvalendosi dei servigi dello sciagurato Laurentij Berija.

Ora tocca agli ebrei con la tristemente nota congiura dei camici bianchi. Finalmente il 5 marzo 1953 muore. Funerali sontuosi con milioni di russi piangenti e addolorati per la morte del padre. Almeno 500 persone muoiono schiacciate nel tentativo di rendergli omaggio. Sepolto accanto a Lenin nel mausoleo sulla piazza Rossa. La sua popolarità è alle stelle. Il compagno Palmiro Togliatti afferma “è un gigante del pensiero, è un gigante dell’azione. Col suo nome verrà chiamato un secolo intero, il più drammatico forse, certo il più denso di eventi decisivi della storia faticosa e gloriosa del genere umano”. Verrà clamorosamente smentito tre anni dopo al XX Congresso del PCUS quando Nikita Chruščёv inizierà a dire qualche verità stando attento a mascherare bene i propri crimini. Il capogruppo socialista alla camera Sandro Pertini “Il compagno Stalin ha terminato bene la sua giornata, anche se troppo presto per noi e per le sorti del mondo. L’ultima sua parola è stata di pace. […] Si resta stupiti per la grandezza di questa figura che la morte pone nella sua giusta luce. Uomini di ogni credo, amici e avversari, debbono oggi riconoscere l’immensa statura di Giuseppe Stalin. Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto.“ Sic! Quello era lo Spirito del tempo.

Del resto ancora oggi molti esseri umani, in odio giustificato contro il capitalismo, vogliono credere al mito del Buon Padre Giuseppe Stalin, al mito del condottiero coraggioso ed invincibile. Mio padre, morto nel 1995, lo considerava un gigante, campione dell’antifascismo e guida per i diseredati. Allora provavo a dirgli che non era così… poi lasciavo perdere. Oggi non gli direi nulla. Le persone che soffrono e sono in buona fede hanno bisogno di credere in qualcosa. Questo è il motivo perché detesto Stalin: ha giocato sui sogni e le speranze di milioni di uomini che credevano nel comunismo come riscatto sociale e nuova speranza di vita. Mi sento vicino a Zivago e vedo Stalin come il Caligola del Kremlino, un marxista fasullo, un satrapo orientale assetato di sangue, un bugiardo cronico.
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Stalin poteva tutto, in nome del Partito onnisciente, egli era il detentore del significato della Storia. Marx scriveva nel 1842 “L’ignoranza è una forza demoniaca e c’è da temere che possa ancora causare molte tragedie”. Osservazione assai calzante visti gli amorazzi della borghesia occidentale prima per Stalin e poi per Mao Tse-Tung sterminatore di almeno sessanta milioni di suoi compatrioti e responsabile di una delle più colossali mistificazioni della storia. Georgij Plechanov diceva ai suoi discepoli, tra cui il giovane Lenin, che la natura umana non esiste ma esistono soltanto le condizioni economico-sociali. Col tempo queste farneticazioni hanno portato al marxismo freddo e i barbari come Stalin al potere. Invece non soltanto la natura umana esiste ma soprattutto “ Non si può ancora chiamare virtù ammazzare e sua cittadini, tradire li amici, essere sanza fede, sanza pietà, sanza religione; e quali modi possono fare acquistare imperio, ma non gloria… nondimanco la sua efferata crudeltà e inumanità, con infinite scelleratezze, non consentono che sia infra li eccellentissimi uomini celebrato…” Come sempre Machiavelli supera tutti di una spanna. Basta saperlo leggere e uscire dalla vulgata.
J.V.

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