Italia 1945/47
Italia 1945/47
de gasperi togliatti
Nel 1943/44 una popolazione italiana di vinti accoglieva i liberatori anglo-americani. Nel maggio 1946 invece le masse popolari delle grandi città del Nord si sentono partecipi della vittoria. A sud della linea Gotica lo stato italiano è assente. Esistono due Italie. A Sud i gruppi di potere legati a Monarchia e Fascismo continuano ad operare e i notabili meridionali si presentano con la patente assai poco meritata di antifascismo. Il contrasto col Nord è palese. A Nord crescono i partiti di sinistra mentre a Sud si rinsalda l’asse Monarchia-Inghilterra. Tensione morale nordista opposta a passività meridionale può essere immagine sbrigativamente schematica ma rende l’idea. Lo spirito unitario antifascista del 1943/45 è ormai lacerato in un quadro devastante dove urge la ricostruzione statale e sociale. Le masse del Sud, e spesso anche del Nord, sono prive di punti di riferimento dopo il crollo morale ed economico-sociale dell’intero Paese. La mobilitazione armata delle sinistre ritarda il processo di legittimazione democratica e porta ad una crisi irreversibile della coalizione di unità nazionale. Occorre urgentemente la rifondazione di un contratto sociale intorno a valori condivisi. Soltanto l’antifascismo può assolvere questa funzione di collante per una nazione disastrata in ogni senso. Operazione fallimentare perché il Vento del Nord non è gradito da gran parte dei ceti borghesi e si comprende che ormai continuità non significa ritorno ai vecchi assetti ma si comprende pure che rottura non significa rivoluzione. La partita è aperta e tutta da giocare. Il peso delle sinistre porta alla caduta del governo Bonomi che rassegna il suo mandato nelle mani del Luogotenente del Regno il 12 giugno 1945. I tre partiti di massa DC, PSIUP e PCI si bloccano a vicenda in attesa di una consultazione elettorale che verifichi il dato numerico. La DC si appoggia alla Chiesa, agli alleati e ai ceti moderati. Le sinistre sono sostenute dalle forze resistenziali e dagli operai e possono giocarsi il meritato vantaggio psicologico dell’aspettativa di cambiamento. Il nuovo governo non può essere diretto dal comunista Togliatti per evidente ostilità anglo-americana e De Gasperi e Nenni si elidono reciprocamente. Il pragmatismo di Togliatti suggerisce di non giocare la carta dell’accusa di clerico-fascismo alla DC, vuoi perché comunque un peso nella Resistenza lo hanno avuto anche le forze cattoliche, vuoi perché le masse contadine assai legate alla Chiesa non capirebbero una contrapposizione frontale. La partita è soltanto rinviata. Dal canto suo De Gasperi comprende che il vero e più forte interlocutore è Togliatti. Il leader comunista controlla l’iroso Pietro Nenni e spesso lo spinge avanti restando in attesa. Togliatti è troppo cinico, realista ed astuto per non comprendere che gli equilibri di Yalta vanno rispettati ma usa Nenni per tenere sempre alta la tensione e al contempo vuole impedire la saldatura tra PSIUP e Partito d’Azione perché questa alleanza potrebbe rappresentare un’alternativa al PCI. In questo contesto di impasse la scelta cade su Ferruccio Parri, leader del PdA. Una scelta che assume immediatamente il significato di un rinvio della resa dei conti tra i grandi partiti. Il nuovo governo è percepito come transitorio. Nenni vicepremier, De Gasperi agli Esteri e Togliatti alla Giustizia. Parri non può esprimere una coerente linea politica e dopo cinque mesi cade. A novembre 1945 si riapre una partita che vede però in vantaggio i moderati a causa delle debolezze teoriche della sinistra e del bisogno di sicurezza della popolazione. Il riflusso su posizioni moderate risponde anche al quadro internazionale. Il PSIUP non gioca bene le proprie carte e consente alla DC di prendere l’esecutivo e di conservarlo per trent’anni. La delusione per le mancate promesse del governo Parri danno il via al processo alla Resistenza. Disordine, povertà, criminalità assai presente nel Sud dovuta essenzialmente alla devastante crisi economica sono i colori foschi del quadro. Si aggiunga a tutto ciò una martellante propaganda anti resistenziale. Esiste a sinistra il problema degli ex partigiani, abilmente sfruttato dai moderati per avviare un braccio di ferro sulla vera posta in gioco: il controllo della Pubblica Sicurezza. La partita verrà vinta dalla DC e gli ex partigiani vengono percepiti come sovversivi e non come garanti della sicurezza.
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Altro problema enorme è quello dell’epurazione fascista. Anche qui a sinistra esiste una discrasia tra teoria e prassi. Oltre la condanna morale sacrosanta non è semplice tradurre la responsabilità penale singola in responsabilità politica collettiva. Ovviamente l’ostilità ad una soluzione drastica viene alimentata anche dai vincitori per cui si assiste ad una farsa dove volano gli stracci. Intanto i temi del qualunquismo minano la tensione morale della Resistenza. Guglielmo Giannini diviene artificiosamente il simbolo delle vittime innocenti della “giustizia antifascista”. La sfasatura temporale della liberazione non aiuta a risolvere la delicata questione. Il Centro-Sud reagisce con accesa ostilità alla volontà nordista di trovare e punire le responsabilità dei fascisti. Al Sud non hanno conosciuto la matta bestialità delle SS e delle brigate nere. La defascistizzazione iniziata con la Resistenza si trova in stallo e la legge risulta inapplicabile. L’amnistia voluta dal PCI nel 1946 non risolve la questione perché giunge tardivamente dopo due anni di odio e rancore. Inoltre ora vengono scarcerati anche i fascisti responsabili di crimini efferati ed abietti e questi figuri non tarderanno a riorganizzare il movimento neofascista. L’amnistia fallisce l’obiettivo della riconciliazione ed alimenta il rancore e lo spirito di rivalsa. Anche il grande capitale colluso col Fascismo viene salvato dall’epurazione grazie agli aiuti degli alleati. Così Agnelli, Pirelli, Donegani vengono prosciolti in istruttoria. La sinistra non vuole governare la crisi ma la ripresa e quindi  accetta obtorto collo la dura realtà.
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Il 10 dicembre 1945 inizia il governo De Gasperi. Da questo momento le sinistre perdono terreno e consenso. Nel marzo ‘46 viene sciolto l’Alto Commissariato per l’epurazione e in politica economica prevale la linea del ministro liberale Corbino, ostile alla patrimoniale. La collocazione dell’Italia nell’area del capitalismo anglo-americano e le rovine della guerra costringono le sinistre alla resa nella lotta sull’indirizzo economico. Il dibattito storiografico su un’eventuale strada alternativa in economia è ancora oggi vivace. Certo gioca un ruolo determinante il provincialismo italiano non in grado di recepire il dibattito sulle teorie di Keynes e prona invece alla linea liberista di stampo manchesteriano. In sostanza si continua a non comprendere la vera natura della crisi del ‘29. Uniche voci dissonanti quelle di La Malfa e Lombardi. Nel complesso la sinistra, vuoi per limiti contingenti, vuoi per limiti ideologici, non riesce a costruire una classe dirigente alternativa a quella liberista. Del resto lo stesso De Gasperi è legato ad una linea economica liberista e non comprende la sostanza delle proposte di Caffè, Fanfani e Dossetti. Tutto ciò avvantaggia Confindustria ma esaspera le tensioni esistenti nel Paese. A questo si aggiunga la disastrosa condizione del Mezzogiorno che fa a pugni con un sistema industriale moderno. La mancata riforma agraria del Sud impedisce il riscatto sociale e pone le premesse della perniciosa politica assistenziale e clientelare intrapresa dalla DC. La Destra intanto si riorganizza e individua il nemico nella CGIL e nelle rivendicazioni operaie e contadine che vanno stroncate sul nascere. Reduci, monarchici,liberali,qualunquisti e fascisti formano un blocco compatto e ben deciso ad impedire lo sviluppo delle sinistre e ad indebolire De Gasperi. L’esperto primo ministro, assai pragmatico e realista, riesce a realizzare il disegno egemonico cattolico tenendosi lontano dal blocco di Destra e identificando la DC come partito di una moderna società, un partito di governo e di occupazione del potere in continuità con la linea popolare di Don Sturzo. 
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Il 2 e il 3 giugno 1946 Referendum istituzionale sulla forma di Stato. Votano le donne per la prima volta. Vince la Repubblica. Polemiche e scontri.
La notte fra il 12 e il 13 giugno, nel corso della riunione del Consiglio dei ministri, il presidente Alcide De Gasperi, prendendo atto del risultato, assume le funzioni di capo provvisorio dello Stato. Umberto II lascia volontariamente il paese il 13 giugno 1946, diretto a Cascais, nel sud del Portogallo.
Il 2 giugno 1946, insieme con la scelta sulla forma dello Stato, i cittadini italiani eleggono anche i componenti dell’Assemblea Costituente che deve redigere la nuova carta costituzionale. Enrico De Nicola capo provvisorio dello Stato con 396 voti su 501, al primo scrutinio il 28 giugno.
La crisi del PdA, la scissione del PSIUP, le tensioni contadine al Sud culminanti nell’eccidio di Portella della Ginestra il 1^ maggio 1947, portano il governo De Gasperi verso un orientamento centrista e alla fine della collaborazione con i partiti della sinistra.
J.V.

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