Arroganza e prepotenza

Arroganza e prepotenza

“Da niente bisogna guardarsi tanto come dal crescere di quella malerba che si chiama arroganza e che rovina in noi ogni buon raccolto; perché si dà arroganza nella cordialità, nell’ossequio, nella benevola confidenza, nella carezza, nell’amichevole consiglio, nella confessione di errori, nella compassione per gli altri, e tutte queste belle cose destano avversione, quando quell’erba vi cresce frammezzo. L’arrogante, cioè colui che vuole significare più di ciò che è o viene considerato, fa sempre un calcolo errato. Ossia al momento egli ha successo, in quanto gli uomini di fronte a cui è arrogante gli tributano di solito la quantità di onore che egli esige, per paura o per comodità; se ne vendicano però aspramente, sottraendo dal valore che finora gli attribuivano tanto, quanto egli ne ha preteso oltre la misura. Non c’è niente che gli uomini si facciano pagare più caro dell’umiliazione. L’arrogante può rendere il suo merito reale e grande così sospetto e piccolo agli occhi degli altri, da farlo calpestare con disprezzo. Persino un contegno orgoglioso, bisognerebbe permetterselo solo là dove si può essere del tutto sicuri di non essere fraintesi e considerati arroganti, come per esempio davanti all’amico o alla moglie. Perché nel commercio con gli uomini non c’è follia maggiore dell’attirarsi la fama di arroganza; è ancor peggio del non aver imparato a mentire per cortesia.”

(Friedrich Nietzsche)

 

L’arrogante gode nell’umiliare gli altri, diviene presuntuoso nel momento del successo, non ascolta i buoni consigli, confida soltanto nella propria prepotenza, pensa di essere migliore degli altri, non nutre dubbi. In genere vuole essere protagonista, invidia coloro che reputa migliori e, soprattutto, vuole avere ragione.  Presto o tardi, come Don Rodrigo, cadrà in rovina. A volte l’arrogante paluda il suo pernicioso atteggiamento con la ributtante falsa modestia, segno evidente della sua palese inferiorità. Vuole vincere sempre come i perfetti imbecilli. L’arrogante è ignorante, non conosce Dante, Napoleone, Spinoza. Non possiede metro di giudizio, si rende ridicolo. Sussiego e albagia lo accompagnano e non lo abbandonano un minuto. Difficilmente concede un sorriso benevolo. L’eccessiva sicurezza e l’orgoglio smisurato saranno causa della sua perdizione. Di fronte a tali soggetti, assai frequenti, occorre calma e risolutezza, fermezza e forza. In genere è sufficiente dargli corda e si impiccano da soli col cappio della loro infinita stupidità. Il prepotente è un vigliacco e dobbiamo farlo sentire tale. Alza la voce perché non possiede argomenti convincenti.

Io vidi in Firenze uno che strascinando, a modo di bestia da tiro, come colà è stile, un carro colmo di robe, andava con grandissima alterigia gridando e comandando alle persone di dar luogo; e mi parve figura di molti che vanno pieni d’orgoglio, insultando agli altri, per ragioni non dissimili da quella che causava l’alterigia in colui, cioè tirare un carro.”

(Giacomo Leopardi)

Amo gli umili silenti, unici soggetti che valga la pena frequentare. Rivolto soprattutto a coloro che pensano di essere sempre dalla parte giusta senza un minimo di decenza e di autocritica. Atteggiamento assai diffuso tra i moralisti-giustizialisti, veri e propri Don Rodrigo dei nostri tempi.


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J.V.

 
 

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