Il ratto d’Europa

Europa era una fanciulla bellissima e Zeus se ne innamorò perdutamente e la rapì mentre in, compagnia delle sue ancelle, raccoglieva fiori in un prato. Il simbolismo del rapimento rappresenta l’esile linea di confine del passaggio della donna dall’adolescenza all’età adulta. Il prato fiorito è la metafora mitopoietica che spiega questo passaggio. Così fertilità della terra e fecondità della donna si fondono e la donna diviene la depositaria del mistero della creazione e della sacralità della vita. I poeti infarciscono le loro opere di similitudini tra vita vegetale ed esistenza umana. Ricorrente è la frase “cogliere la Rosa” per indicare la perdita della verginità femminile. Europa come Proserpina, Semele e Creusa sono divinità ctonie e secondo Mircea Eliade le avventure galanti con le divinità superiori preelleniche significano preparare il terreno per la nuova religiosità greca.

Europa era figlia di Agenore, uno dei due gemelli che Libia aveva generato con Poseidone, l’altro era Belo il re dell’Egitto.
Agenore, lasciò l’Egitto e si stabilì a Sidone dove si sposò con Telefassa, colei che illumina lontano, altrove chiamata anche Argiope che gli diede come figli Cadmo, Fenice, Cilice e un’unica figlia, Europa.
Zeus, innamorato di Europa, ordinò a Ermes di condurre il bestiame di Agenore verso la costa del mare di Tiro, dove le fanciulle si trovavano per raccogliere i fiori e passeggiare.

… Con la figlia del Re, la cui beltade
Non ebbe pari al mondo in quella etade…

…Di questa il padre Agenore fu detto.
E di Tiro e di Sidonia fu Signore.
La figlia Europa ebbe si grato aspetto,
Ch’accese al suo amor l’alto motore.
Ahi come stanno male in un soggetto,
Con grave maestà, lascivo amore…
… Per lascivo pensiero, per troppo amare,
Fuori da ogni dignità, d’ogni decoro
Prese per troppo amore la forma di toro…
Ovidio- Metamorfosi

Zeus sotto le sembianze di un toro bianco, si unì al resto della mandria. La bellezza dell’animale non tardò ad attirare l’attenzione della fanciulla. Il suo manto era più bianco della neve (Mosco da Siracusa invece descrive il manto di un bel colore fulvo e con una macchia bianca sulla fronte a forma di stella, i suoi occhi brillavano del fuoco dell’amore, le corna piccole e lucenti come gemme, formavano un semicircolo simile a luna crescente, le sue zampe erano grandi). Europa vinto l’iniziale riserbo, si avvicinò al toro apparentemente docile e dal manto profumato, giocò con lui e gli pose tra le corna una ghirlanda di fiori. Poi gli montò sulla groppa, mentre il toro lentamente si spingeva verso la riva del mare.

… Come una gemma il chiaro, e piccolo corno
Si bel risplende, che par fatto a mano:
Move con dignità l’occhio d’intorno,
E mostra un volto amabile, et humano.
Dolce rimira quel bel viso adorno,
Poi si muove ver lei quieto e piano.
Paurosa ella l’aspetta un poco, e fugge,
E il toro per dolor sospira, e mugge…

… La qual più volte le mentite corna
Di vaghi fiori e di ghirlande adorna…

…Su l’erba al fin l’astuto bue si getta,
E col bugiardo sen la terra cova.
Allor l’ardita e vaga giovinetta
Di veder sempre qualche cosa nuova,
Su l’ fraudolente suo dorso s’assetta,
Che vuol fare del giovenco un’altra prova,
Prova vuol fare la semplicetta, e stolta,
Se vuol come un destriero portarla in groppa…
Ovidio- Metamorfosi

Poi improvvisamente entrò nell’acqua. In mezzo ai flutti, Poseidone, accompagnato dalle Nereidi e dai Tritoni corse ad incontrarli. Europa terrorizzata guardava la terra ormai lontana e con una mano si teneva saldamente al corno del toro mentre con l’altra reggeva ancora il cestino dei fiori forgiato da Efesto, cesellato in oro, rappresentava una giovenca che veniva sfiorata dalla mano di Zeus, quella giovenca era Io, la trisavola di Europa.
Con Io Zeus aveva celebrato le sue prime nozze taurine. Io, figlia di Inaco, il dio fluviale di Argo. Sotto le spoglie di giovenca, errabonda, sospinta da un luogo all’altro senza tregua, fuggì dal fiume padre per approdare sulle sponde di un altro fiume, il Nilo. Zeus l’aspettava per ridarle forma umana. Io ebbe da Zeus suo figlio Epafo. Istituì il culto di Isis, mentre suo figlio Epafo che era il toro divino Apis regnò in Egitto e ebbe una figlia Libia, la madre di Agenore e Belo. Ancora una volta la storia si ripeteva. Approdò infine il toro sulla terra ferma, a Cortina, vicino a Creta, trasformatosi in aquila, Zeus si congiunse con Europa in un bosco di salici sulle sponde di un fiumiciattolo o secondo altri sotto un sicomoro sempre verde.
Europa gli diede tre figli, Minosse, Radamante e Sarpedone.
Il padre Agenore sconvolto dalla notizia del rapimento della figlia, ordinò ai suoi figli di cercare Europa e di non fare ritorno al palazzo senza averla ritrovata. Ai tre figli, si unirono nella ricerca, la madre Telefassa e Taso, figlio di Nettuno.
Visto l’esito infruttuoso delle loro ricerche disperavano di tornare a casa e così decisero di dividersi. Fenice fece approdo in quella terra che da lui prese il nome, Cilice divenne il re delle terre adiacenti la Fenicia, dominando la parte di terra adiacente al fiume Piramo e che fu chiamata Cilicia. Cadmo e Telefassa penetrarono nella Tracia e così fece anche Taso che fondò la città omonima.
Europa, nel frattempo era diventata la moglie di Asterione, un piccolo re di Creta, che vedutala si innamorò di lei, la sposò e divenne il padre adottivo dei figli che aveva avuto da Zeus. Diventati adulti i tre ragazzi, figli di Europa entrarono subito in conflitto tra loro a causa del bellissimo giovane Mileto, figlio di Apollo e di Aria. Tra i tre fratelli scoppiò la guerra e Minosse ne uscì vincitore. Mileto innamorato di Sarpedone fuggì con lui per approdare nella Caria, dove fondò la città che porta il suo nome; Sarpedone intanto si era alleato con Cilice, in lotta contro i Licii, ne usci vincitore, e fondò un regno in Licia. Radamante fuggì in Beozia dove prese in moglie Alcmena. Alla sua morte divenne uno dei giudici degli inferi assieme al fratello Minosse. Quest’ultimo regnò a Creta, sposò Pasifae figlia del Sole e di Perseide ed ebbe come figli Catreo, Deucalione, Glauco ed Androgeo e come figlie Ecale, Senadice, Arianna e Fedra.
Cadmo che ancora cercava la sorella Europa, dopo aver sepolto la madre Telefassa, in Tracia dove avevano ricevuto ospitalità, si recò a Delfo per avere notizie di Europa. Il Dio gli disse di smettere di cercare la sorella e invece trovare una mucca che avrebbe incontrato per strada.

Cadmo, figlio d’Agenore, m’ascolta,
E metti in cuore quanto io ti dico. Al primo
Sorgere dell’Aurora anche tu sorgi:
Vestiti prontamente, e con in pugno
l’asta ben ferma la divina Pito
Lascia, e in cammino mettiti attraverso
Del paese Flegeo, e della Focide,
Finchè di Pelagon vegga le vacche,
E il lor custode: Dell’armento allora,
Una ne scegli, che vedrai sui fianchi
Bianca aver macchia, e tonda al par che in Cielo.
Tonda è la luna. Ti fia scorta questa
Nel cammin che rimane. Un segno certo
Abbiti poi dov’essa il capo abbassi,
E pieghi le ginocchia, onde sull’erba
Prendere riposo. Allor vittima l’offri
Ivi alla Terra. Poscia quel che Martedì Pose per guardia al fonte suo, all’Inferno
Tu manderai; e una cittade in cima
Fabbricherai del Monte. Oh! Avventurato
Cadmo! In appresso di stirpe immortale
Donna sarà tua sposa; e nome eterno
In fra gli uomini avrai. Cadmo, m’udisti
Apollodorus Mythographus

Cadmo si mise in cammino e quando vide uscire dall’armento di Pelagonte una vacca con una mezzaluna su ciascun fianco, la segui. La mucca percorse tutta la Beozia, finché ad un certo punto si sdraiò a terra. Era quella la terra dove secondo l’oracolo doveva nascere la futura città di Tebe costruita sul modello di Tebe d’Egitto. Cadmo decise di sacrificare la bestia a Minerva, per questo ordinò ai suoi uomini di attingere acqua alla fonte Marzio, sorvegliata da un drago figlio di Ares. Quel drago uccise parecchi degli uomini di Cadmo e fu da questi ucciso. Minerva gli consigliò di seminare i denti e così
dalla terra uscirono uomini armati chiamati Sparti che vuol dire seminati.
Costoro subito entrarono in discordia tra di loro e ricorsero alle armi, finchè rimasero in vita solo cinque: Echione, Udeo, Ctonio, Ipenore e Polore e furono costoro che aiutarono Cadmo a costruire la città. Anfione costruì invece le sue mura al suono della sua lira. Cadmo introdusse in Grecia il culto delle divinità fenicie ed egiziane, l’uso dei caratteri alfabetici e della scrittura. Ares, per vendicarsi della morte di suo figlio, ridusse Cadmo in schiavitù, per otto anni.
Trascorso il tempo stabilito, Cadmo prese moglie. Questa fanciulla era Armonia, figlia di Venere e di Ares. Fu in quell’occasione che tutti gli Dei, lasciarono l’Olimpo e scesero sulla terra per unirsi al banchetto nuziale di un mortale. Il dono di nozze di Cadmo alla sua sposa fu una collana cesellata da Efesto e donata da Zeus ad Europa. Ferecide ci dice però che il dono di nozze di Cadmo ad Armonia fu un peplo appartenuto ad Europa.

J.V.

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