Gelosia

Gelosia

“La gelosia è un mostro dagli occhi verdi che dileggia la carne di cui si nutre”(William Shakespeare, Otello)

ζηλoς (zelos), zelo, brama, desiderio. Zelosus, timoroso che il nostro oggetto di desiderio rivolga ad altri le proprie attenzioni.Siamo, o siamo stati, tutti un po’ gelosi. Lo sono i bambini, gli adulti, forse meno gli anziani. Incertezza, ansia, sospetto, possessività, timore ed umiliazione. Spesso è retroattiva. Può essere sessuale ed emotiva ad un tempo. Viene vissuta come minaccia di perdita e separazione. In genere non conta la realtà ma la percezione che il soggetto ha della realtà, la sua narrazione irrazionale, immaginaria. Colui che è geloso non è mai geloso di ciò che vede ma di ciò che immagina o vuole vedere. Un pizzico di gelosia può ravvivare i rapporti ma un sentimento parossistico può degenerare nella sindrome di Otello. Il martellamento politicamente corretto dei nostri tempi non aiuta la comprensione. Più saggiamente potremmo dire che la gelosia deve entrare nell’amore, come la noce moscata nelle pietanze, ci deve essere ma non si deve sentire. Scrive Pasternak “Sono geloso di ciò che è oscuro, inconscio, di quello per cui è impensabile una spiegazione, che non si può prevedere.Sono geloso degli oggetti della tua toilette, delle gocce di sudore sulla tua pelle, delle malattie infettive portate dall’aria, che possono attaccarsi a te e avvelenarti il sangue.”

Spesso la gelosia nasce con l’amore ma poi uccide proprio quell’amore. Le persone assai orgogliose si prendono i rischi maggiori, sono più esposte. Il geloso è fastidioso e rende insopportabile la vita agli altri e a stesso, assumendo toni volgari e farseschi. Nasce pian piano e poi esplode in tutta la sua volgare potenza. Un grande critico, Roland Barthes, scrive “Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri”. La gelosia è amara come il veleno malgrado venga generata dalla dolcezza dell’amore. È cieca, non vuol vedere se non ciò che vuole, rifiuta la razionalità, esplode per un piccolo gesto, una risata, una innocente battuta. Come dice l’esperto Kraus “è un abbaiar di cani che attira i ladri”. È un tormento ridicolo ma terribile, insopportabile, egoistico. Satana sussurra parole di gelosia per farci perdere il senno. Difficilmente si guarisce da questa malattia turpe che ci rende deboli ed inferiori e, in un certo senso, meritevoli di tradimento. Purtroppo neppure l’amicizia a volte sfugge alla gelosia.

“A volte mi sento talmente stanca di dover cercar di convincerlo che lo amo e che lo amerò per sempre. Afferra le mie parole come un leguleio, e le storce. So che ha paura di quel deserto che si farebbe intorno a lui se il nostro amore finisse, ma non si rende conto che io sento esattamente lo stesso. Ciò che lui dice ad alta voce, io me lo dico silenziosamente e lo scrivo qui. Cosa si può costruire nel deserto? Qualche volta dopo una giornata in cui abbiamo fatto all’amore parecchie volte, mi domando se non sia possibile di esaurire il sesso, e so che anche lui se lo domanda, e ha paura di quel punto dove comincia il deserto. Cosa facciamo nel deserto se ci perdiamo? Come si fa a continuare a vivere dopo ciò?E’ geloso del passato, del presente e del futuro. Il suo amore è come una cintura di castità medioevale: soltanto quando è lì, con me, dentro di me, si sente sicuro. Se soltanto potessi farlo sentire sicuro, allora potremmo amarci con pace, con felicità, non selvaggiamente, disordinatamente, e il deserto si allontanerebbe dalla vista. Forse per tutta una vita.”(Sarah Miles su Maurice Bendrix, da Fine di una storia, di Graham Greene)

J.V.

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