FRANZ BECKENBAUER

FRANZ BECKENBAUER

“Era un fenomeno. In campo, in quella mitica semifinale, io non guardavo la partita: guardavo lui. Era bellissimo vederlo giocare.”

(Gigi Riva)

Franz Anton Beckenbauer nasce a Monaco di Baviera nel settembre 1945 a guerra appena finita. Germania in ginocchio e disastrata. Il suo destino è il Bayern Monaco col quale vince tutto. Poi presidente a vita. Campione del mondo con la Germania da giocatore capitano e da allenatore. Come lui soltanto Mario Zagallo e Didier Deschamps. Detto il Kaiser per capacità di comando e intelligenza finissima. Simbolo del calcio tedesco e mondiale, elegantissimo, carismatico, affascinante. Un mediano che si trasforma in libero capace di difendere e organizzare il contrattacco. Maestro naturale dei grandi liberi Scirea, Baresi, Krol. A Città del Messico gioca la “partita del secolo” fra Italia e Germania con il braccio al collo a causa di una lussazione alla spalla.

Due volte pallone d’oro. Rinus Michels, l’allenatore che rese grande l’Ajax, disse “per uno così farei di tutto, pure Amsterdam-Monaco in ginocchio”. Gerd Müller così spiega le qualità del suo capitano “Le sue enormi qualità calcistiche erano riflesso della sua eccezionale capacità di analisi e conoscenza delle leggi della fisica e della biomeccanica. Non fosse stato un calciatore sarebbe stato un grande scienziato”. Di fronte ad un imbarazzato Franz Beckenbauer fu Wilhelm Neudecker, il presidente che creò quella squadra straordinaria, a togliere il Kaiser dall’imbarazzo: “Fortuna che non hai fatto lo scienziato”, gli disse. “Saresti stato utile al mondo, ma molte persone in meno avrebbero gioito”. Un bravo giornalista come Giovanni Giaccone sintetizza splendidamente in poche righe “Beckenbauer è stato un’epoca, solo il suo cognome stentoreo, secco, conteneva in sé l’immagine di vecchi televisori in bianco e nero, cucine o bar affollati di persone lì davanti mentre il telecronista ripeteva come una litania religiosa nomi che sarebbero rimasti scritti su pietra: Facchetti, Voigts, Muller, Neeskens, Cruijff, Rivera… Un Olimpo dove il Kaiser era l’onniscienza calcistica, l’alfa e l’omega della pedata, con un braccio al collo, come un eroe omerico, sconfitto, ma non vinto nella bolgia dell’Azteca, quando il calcio andò oltre lo spettacolo per diventare epifania di se stesso. Auf wiedersehen, Franz”

Appunto… Auf wiedersehen, Franz.

J.V.

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