Avarizia

Avarizia

“Ed elli a me: «Tutti quanti fuor guerci

sì de la mente in la vita primaia,

che con misura nullo spendio ferci.

Assai la voce lor chiaro l’abbaia

quando vegnono a’ due punti del cerchio

dove colpa contraria li dispaia”

(Dante, Inferno, canto VII, vv. 16-45)

L’avarizia è la scarsa disponibilità a spendere e a donare ciò che si possiede. La Scrittura considera l’avarizia un grave peccato. Il denaro infatti sfida Dio, giacché ne occupa il posto e da mezzo qual deve essere diviene fine. La differenza tra avarizia e cupidigia è ben spiegata da Geoffrey Chaucer che nel XIV secolo scrive nei suoi Racconti di Canterbury “La differenza fra l’avarizia e la cupidigia è questa: la cupidigia consiste nel bramare quello che non si ha e l’avarizia sta nel tenere e serbare quello che si ha, senza giusta necessità”.

Balzac diceva del padre di Eugénie Grandet che “sembrava economizzare tutto, anche il movimento”.

É un peccato inconfessabile. Nessuno al mondo ammette di essere avaro. Come dice La Flèche del suo padrone Harpagon “(non)Vi do il buongiorno”, ma “Vi presto il buongiorno”. Dare è un verbo che per l’avaro non esiste. L’avarizia è una bulimia dell’anima, un sentimento legato all’infinito perché spinge il desiderio sempre oltre. È un peccato che si moltiplica continuamente e genera figli mostruosi quali insensibilità, indifferenza, inquietudine del possesso, violenza, furto, tradimento, tristezza. L’avaro non pensa all’origine e al fine dei beni che possiede, dimentica la sobrietà, la fiducia, la generosità. Dimentica che il denaro è un buon servitore ma è anche un cattivo maestro. Magistrale Walter Benjamin “L’avarizia è sempre in punto di morte, tutte le cose per essa si trasformano nel fuscello a cui si attacca nell’angoscia dell’agonia. L’avarizia vede dappertutto il fondo della cassetta, per essa il mondo è logoro fin dall’inizio. È sempre al verde.”

Di fatto l’avaro vive in miseria per paura della miseria stessa. È un folle che vive da povero per morire da ricco. Scrive bene Jean de La Bruyère “L’avaro spende più da morto in un sol giorno di quanto facesse da vivo in dieci anni; e il suo erede spende più in dieci mesi di quanto non abbia saputo fare lui durante tutta la vita.”

L’avaro è profondamente stupido, perché pur possedendo i mezzi per ben operare… li dilapida non usandoli. Mastro don Gesualdo, Harpagon e i loro sodali sono dei completi cretini, dei mendicanti solitari che vivono la vita come continua penitenza.

Una notte, un vecchio indiano raccontò a suo nipote una storia “Figlio mio, la battaglia nel nostro cuore è combattuta da due lupi. Un lupo è maligno: è collera, gelosia, tristezza, rammarico, avidità, arroganza, autocommiserazione, colpa, risentimento, inferiorità, falso orgoglio, superiorità; è l’ego. L’altro è buono: è gioia, pace, amore, speranza, serenità, umiltà, gentilezza, benevolenza, immedesimazione, generosità, verità, compassione e fede”. Il nipote, dopo averci pensato per qualche minuto, chiese al nonno “Quale dei due lupi vince?”.Il vecchio rispose semplicemente “Quello che tu nutri”.

Non aggiungo altro.

J.V.

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