Attila

Attila

Damnatio memoriae a distanza di quindici secoli. “Dove passa non cresce più l’erba… Flagello di Dio”. Genio incompreso, stratega spietato, mostro diabolico… Conosciamo Attila attraverso gli scrittori romani che assistono impotenti al crollo dell’Impero. Mondo delle steppe e dei Nomadi (Dal gr. nomás -ádos ‘che si sposta in cerca di pascoli’, dal tema di némō ‘pascolo’). Importanza del cavallo e della iurta. 376 gli Unni fanno crollare i regni ostrogoto e visigoto. Teoria della migrazione a spinta. Nell’autunno del 376 l’imperatore Valente accorda ai Goti l’autorizzazione ad attraversare il Danubio nella speranza di reclutare così nuovi soldati. Comportamento scellerato dei funzionari romani. Reazione violenta dei Goti e conclusione tragica ad Adrianopoli il 9 agosto 378. Un grande vantaggio per gli Unni che prendono coscienza della debolezza dell’Impero Romano. Catastrofe burgunda nel 435 ad opera di Ezio cantata nel celebre Nibelungenlied dove dietro il nome di Etzel possiamo riconoscere Attila. Intorno al 445 il regno congiunto dei capi Unni Bleda e Attila si trova in una zona corrispondente all’attuale Valacchia. Superiorità militare dovuta all’arco a doppia curvatura, alla fuga simulata, al carro e alle donne guerriere. Bleda assassinato, Attila unico re. “Superbo nel procedere, saettando gli occhi ora da una parte ora dall’altra, rivelava l’orgoglio della sua potenza persino nei movimenti del corpo. Amava le battaglie ma era in grado di padroneggiare durante l’azione; eccelleva nelle decisioni; si lasciava piegare dalle suppliche; benigno una volta che avesse accordato la sua protezione. Basso di statura, largo di petto, piuttosto grosso di testa, aveva occhi piccoli, barba non fitta, capelli grigi, naso camuso, una carnagione tetra: i segni caratteristici della sua razza”. (Jordanes, Getica, XXXV)

Violenza calcolata e uso sapiente del terrore. Predatore, stratega e politico. Galla Placidia, Onoria e presunta richiesta di matrimonio. Grazie ad una sordida vendetta familiare il barbaro trova un pretesto. Il 20 giugno 451 Ezio lo blocca ai Campi Catalaunuci. Leone III baratta con l’oro la sua ritirata due anni dopo. Frankenstein del V secolo, crani come coppe di vino, violenza terroristica calcolata. Gli Unni sanciscono la fine della pars occidens. Sopravvive l’Oriente. Ezio ultimo dei romani. Cultura ungherese segnata da Attila, padre fondatore, equivalente pannonico di Vercingetorige. Mattia Corvino si ispira a lui come monarca ideale nel XV secolo. Attila scandinavo e Volsungar. Mostro di violenza assoluta per Corneille, eroe paradossale per Voltaire, condottiero nazionale per Verdi, mito eterno per Wagner e Ludwig. Neopaganesimo e sciamanesimo hitleriani errori fondamentali a Stalingrado e inizio della catastrofe.

Inglesi della RAF convinti di abbattere gli Unni. Ragnarok e incendio finale nel bunker. Attila e Sigfrido, atmosfera magico-pagana, violenza omicida delle donne, sete dell’oro, sessualità pregenitale di onnipotenza, convinzione di immortalità. Mito wagneriano, neopaganesimo seducente al punto di far interpretare ad Hitler l’Attila mitico sino alla catastrofe europea. Attila redivivo nell’Illyricum Romano in Bosnia e Serbia attuali. La lacerazione è ancora lì.

J.V.

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