La favoritak
La favorita
la favorita weisz
La favorita di Yorgos Lanthimos è un film del 2018. Splendido trio femminile composto da Olivia Colman (Anna di Gran Bretagna), Emma Stone (Abigail Masham) e Rachel Weisz (Abigail Masham). Colman premio Oscar. 1708, Gran Bretagna in guerra con la Francia di Luigi ”Il Sole” al tramonto. Anna, stanca e malata, capricciosa e volubile, sensibile ai piaceri della carne. La Regina regna ma Sarah Churchill, detta Lady Marlborough, di fatto governa con astuzia, forza e realismo politico. La corte corrotta e cinica schermaglia con Sarah, che a sua volta approfitta della sua posizione per favorire il Primo Ministro wigh Sidney Godolphin e il marito, comandante dell’esercito. Anna preferisce allevare 17 conigli, ognuno dei quali rappresenta un figlio che lei ha perso nel corso degli anni. Il nemico principale di Sarah è Robert Harley, capo dei tory, grande proprietario terriero che vorrebbe la fine della guerra per evitare il raddoppio delle tasse. Ovviamente tutti lavorano per il “bene del popolo e della nazione”. Nulla di nuovo sotto il sole. All’improvviso giunge a corte Abigail Masham, lontana parente di Lady Sarah ma assai in basso nel sistema castale inglese. Abigail è caduta in disgrazia dopo che suo padre l’ha utilizzata come pagamento per debiti di gioco. Spregiudicata, cinica, astuta, temprata dalle violenze subite, intenzionata a recuperare il posto che le spetta, riesce ad entrare nelle grazie della regina. Pian piano diviene l’amante e la confidente di Anna e inizia una guerra con la cugina, alimentata dalla capricciosa regina, senza esclusione di colpi. Avvelenamenti, ricatti, doppi giochi, calunnie, matrimoni d’interesse… tutto il consueto repertorio umano. Alla fine Sarah e il marito vengono banditi dal regno e Abigail appare vincitrice. Non sarà così. Il maltrattamento di un piccolo coniglio apre finalmente gli occhi alla Regina. Abigail, ormai di nuovo nobile, viene umiliata e trattata come una prostituita da Anna. Istinto di sopravvivenza, malvagità declinata al femminile, cinismo esasperato, realismo politico freddo e raziocinante, demagogia politica e credulità popolare… i nostri giorni non potrebbero essere descritti meglio giocando su una vera storia del Settecento e sul carteggio epistolare. Le relazioni pericolose delle tre donne condizionano la vita di milioni di persone e mettono a nudo la triste realtà: una distanza siderale tra i luoghi del vero potere e quel “popolo” che è soltanto un’astrazione di comodo ma non viene in realtà tenuto in minima considerazione. Oggi forse meno di ieri con l’aggravante della parvenza democratica e dell’uguaglianza teorica in punta di diritto. Film assai intelligente, spietato, nichilista, centrato sul conflitto di classe e sulla dimostrazione che le donne al potere non sono peggiori o migliori degli uomini; sono semplicemente esseri umani che, nell’esercizio del potere, ingannano, mentono, tradiscono, uccidono, sfruttano e calpestano l’altrui dignità. L’ambientazione settecentesca e la società patriarcale e maschilista del tempo rendono le tre donne ancora più spietate perché i margini di manovra sono esigui. Anna è una matura donna non cresciuta (come i suoi 17 figli morti), capricciosa, generosa e gentile ma capace di azioni feroci. È una donna che detiene un immenso potere e lo declina al maschile perché non può fare altro. Ogni più sordido interesse personale viene paludato da affetto e cortesia.
la favorita stone
Le tre bravissime attrici con i loro comportamenti terribili e a volte spaventosi giustificano la tesi per la quale la brutalità del potere non è prerogativa maschile ma fa parte dell’umana natura. Gli esempi contemporanei sono sotto gli occhi di tutti. Non è questione di genere ma di mutamento della mentalità. Il volgare cinismo di Christine Lagarde, i modi affettati ma durissimi nella sostanza di Ursula von der Layen, per non parlare di Margaret Thatcher o di Evita Peron, confermano che il genere ha poca importanza. La domanda è assai complessa: si può realizzare un esercizio del potere che possa prescindere dalla forza, dal cinismo, dalla brutalità, dalla violenza, dalla manipolazione delle masse ignoranti (tanto più ignoranti quando pensano di essere acculturate)? È possibile che alla lunga vinca Spinoza? Questa è la vera posta in gioco per il futuro, aldilà delle differenze di genere che comunque debbono essere colmate.
 
J.V.

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