IL VENTO CHE ACCAREZZA L’ERBA

IL VENTO CHE ACCAREZZA L’ERBA

“È facile sapere contro cosa si combatte. Più difficile è sapere in cosa davvero si crede”

Palma d’oro a Cannes. Realizzato da Ken Loach nel 2006 su un soggetto di Paul Laverty, con un giovane Cillian Murphy (Damien O’Donovan) nella parte di un medico che sposa la causa dell’IRA nel 1919. Guerra di indipendenza irlandese sino al 21 e conseguente guerra civile tra il 22 e il 23.

Il titolo originale The Wind That Shakes The Barley (“il vento che scuote l’orzo”) si riferisce ad un verso di una canzone del XIX secolo di Robert Dwyer Joyce.

Loach riapre una ferita che sembrava chiusa. Rievoca la grande Storia e presenta la sua visione onestamente marxista come sempre. Discutibile finché si vuole ma sincera e onesta. I tremendi fatti di allora vengono presentati con rigore: l’amico uccide il nemico e lo stesso amico, addirittura il fratello, vite spezzate, amori che non possono sbocciare a causa della Guerra. I soldati inglesi oppressori sono a loro volta reduci della più grande carneficina vista sulla terra sino a quel momento: la Grande Guerra. Nessuno è innocente, tutti sono destinati a compiere azioni turpi per la legge della violenza. Il giovane medico Damien segue il percorso inverso del Michael Collins di Neil Jordan: da potenziale buon medico borghese diviene suo malgrado terrorista mentre Collins da terrorista giunge a firmare un trattato di pace che gli costerà la vita. Un film di oppressi e oppressori, torture, sfruttamento e violenza. Sul banco degli accusati l’Imperialismo britannico, la classe dirigente inglese, il colonialismo. Di conseguenza fame, buio, povertà e odio, ribellismo giovanile e, per alcuni, voglia di una vita normale

Si può essere d’accordo o meno con le tesi di Ken Loach ma occorre riconoscergli di essere uno dei pochissimi ad usare benissimo il cinema per parlare seriamente di Storia e non di melense insulsaggini.

J.V.

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