ELISABETTA II, un piccolo ritratto leggero e un po’ “monarchico”.

ELISABETTA II, un piccolo ritratto leggero e un po’ “monarchico”.

Quattro donne-guida nella sua vita: la madre Elizabeth Bowes-Lyon, l’ antenata Vittoria, la nonna Mary di Teck e infine Wallis Simpson. Le prime tre, modelli da seguire, la quarta – “quella donna” – modello da evitare rigorosamente. Per tutta la sua lunga vita Elizabeth tenta di aggiustare ciò che suo zio Edward e Wallis rompono: la fiducia popolare nella Ditta Windsor. Paradossalmente senza Bessie Wallis Warfield, Elizabeth non sarebbe mai divenuta regina. Suo zio Edward, con le sue simpatie totalitarie, riporta la storia inglese alla frattura tra Corona e Parlamento del 1688 e, come Giacomo II Stuart, viene costretto ad abdicare, con la differenza che Giacomo era un eccellente sovrano mentre il vacuo Edward no. Il 20 gennaio 1936 muore Giorgio V. Suo figlio David, poi chiamato Edward, dissoluto come l’omonimo nonno, ama recitare la parte del Principe di Galles ma non vuole affrontare le gravi responsabilità regali o sacrificare l’amore al dovere.

E così la bambina Elizabeth dice alla sorellina Margaret: “un giorno sarò regina”. La bambina di sei anni risponde: “Povera te!”. I suoi zii Edward e Wallis sono così intimamente nazisti che vanno persino ad omaggiare Hitler. Per fortuna suo padre Giorgio e Winston Churchill si oppongono al dittatore e vincono la guerra. Così Elizabeth non vive l’adolescenza. Passa immediatamente all’età adulta consapevole del suo futuro prestigioso ruolo. Diviene guidatrice di camion durante la guerra. A soli tredici anni, nel ‘39, si innamora di Filippo di Grecia, nipote di Dickie, aiutante di campo navale di Giorgio VI, conosciuto come Lord Louis Mountbatten e grande organizzatore di matrimoni tra blasonati. Filippo è alto, biondo ed affascinante e per sette anni sarà il sogno della principessa. Dopo la guerra convolano a nozze e il principe consorte dovrà stare sempre un passo indietro la regina. I due coniugi dormiranno sempre nei rispettivi appartamenti con una porta comunicante. Lei al mattino beve due tazze di tè mentre l’aitante principe si fa servire il Full Monty nella Breakfest Room. Ovviamente non parlano ma scorrono i giornali. Alle nove Elizabeth inizia a lavorare. Gentile con tutti, regale e spesso persino affettuosa ma implacabile con i ritardatari. Ritardo significa mancanza di rispetto per la Corona e questo è intollerabile. Non risponde quasi mai agli attacchi della stampa però non dimentica nulla. Ogni martedì sera incontra il Primo Ministro. Importantissime le “valigette rosse” da leggere e siglare, contenenti le informazioni del ministero degli Esteri e i rapporti dell’MI6 e dell’MI5. In base al Bill of Rights del 1689 il Parlamento è supremo ma il sovrano va informato su tutto in modo da soddisfare “il suo diritto a essere consultato, il suo dovere a incoraggiare, il suo diritto a mettere in guardia”. Beve meno gin dell’amata madre e del figlio Carlo, non esprime quasi mai la propria opinione in pubblico ma ascolta tutto. Stima profondamente Ser Winston e detesta (ricambiata) la volgare Thatcher e per una volta si scontra apertamente con un primo ministro sulle sanzioni al Sudafrica. La Regina, capo del Commonwealth, è favorevole alle sanzioni contro l’apartheid. Ovviamente la pessima Thatcher è contraria. A Corte vengono invitate le persone più diverse ma di interesse per la Corona. Il cerimoniale ed il protocollo sono rigidissimi. Ama cani e cavalli. Alle 17 prende rigorosamente il tè dopo aver ricevuto gli ambasciatori stranieri. La sera guarda vecchi film.

Non sempre la sua vita è tranquilla. Attraversa e controlla scandali e comportamenti scorretti dei suoi figli e parenti in genere. Il 1992 può essere definito il suo annus horribilis. Diana e Carlo fingono di amarsi ma il Principe da anni considera Camilla Parker-Bowles la propria compagna di vita. Diana aveva sposato Charles abbacinata dal sogno di divenire la consorte del futuro sovrano. La famiglia le riserva un’accoglienza assai fredda e la ragazza è troppo ingenua per comprendere la situazione. La Regina viene informata di ogni suo movimento, degli incontri con gli amanti, della sua anoressia-bulimia, dell’interesse della stampa che da lì a poco farà esplodere il caso. Così il 9 dicembre 1992 Elizabeth fa annunciare ai Comuni dal Premier John Major che il Principe e la Principessa hanno deciso di separarsi. Nello stesso anno prende fuoco l’amato castello di Windsor. Dopo l’annus horribilis crea il gruppo Way Haed (come procedere) per adeguare l’immagine della Monarchia alla modernità. Chi da sinistra critica la Monarchia non comprende che essa è l’ultimo baluardo contro i nazionalismi risorgenti. Con Elizabeth non muore soltanto una intelligente e pragmatica sovrana ma rischia di strapparsi il mantello rosso che copre i buchi dell’ex Impero. Con l’Operazione London Bridge scompare dopo settant’anni di regno una donna che come la sua antenata omonima e al contrario dei suoi figli, non ha mai confuso il ruolo pubblico con quello privato. Sarà bene che i convinti repubblicani riconoscano alla Ditta Windsor e a questa sua impeccabile rappresentante i meriti che ha avuto. È morto un simbolo, un grande simbolo, ed i simboli sono difficili da sostituire.

Infine, ma è un piccolo dettaglio, a me è sempre stata simpatica. Evidentemente subisco il fascino della Monarchia ed ho sempre nutrito simpatia per le Regine, soprattutto per quelle più sfortunate di Elizabeth II, come Mary Stuart, Maria Antonietta, Elizabeth “Sissi” l’Imperatrice. Tutte e tre ebbero un destino tragico. Elizabeth ha vissuto in modo discreto ed intelligente la propria vita affrontando le sue immense responsabilità con grande senso del dovere istituzionale.

J.V.

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