Dante, Inferno. Caratteri generali

Dante, Inferno. Caratteri generali

Forma conica che si restringe verso il basso. Sui lati giganteschi ripiani concentrici. Antinferno e nove cerchi nei quali in eterno vengono punite le anime secondo qualità e gravità della colpa commessa. I primi cinque cerchi sono distinti dagli altri quattro chiusi da una cerchia di mura nella città di Dite. Tra antinferno e Inferno fiume Acheronte. Il V cerchio è costituito dalla palude fangosa, lo Stige, che sfocia nel IV e racchiude la città di Dite. Nel VII cerchio si trova il Flegetonte. L’ultimo cerchio è formato dal Cocito ghiacciato. Riassumendo: antinferno, cerchi degli incontinenti, città di Dite. Criteri di punizione derivano da etica cristiana, aristotelica e dal diritto romano. Si pecca con intenzione di far del male per incontinenza o malizia. Nei cerchi II-V si trovano gli incontinenti: lussuriosi, golosi, avari e prodighi, iracondi, accidiosi. Nel VII, diviso in tre gironi, si trovano i violenti: contro il prossimo, contro se stessi, contro Dio. Il cerchio VIII è diviso in dieci bolge e vi si trovano coloro che hanno ingannato persone che non avevano particolari motivi per fidarsi: seduttori e ruffiani, adulatori, simoniaci, maghi e indovini, barattieri e ipocriti, ladri, consiglieri di frode, seminatori di discordie, falsari. Il IX è diviso in quattro zone: Caina, Antenora, Tolomea, Giudecca. Vi si trovano coloro che hanno tradito la fiducia dei familiari, della patria, degli ospiti, dei benefattori. In fondo, conficcato in un pozzo, sta Lucifero. Nelle sue tre bocche maciulla per l’eternità Bruto, Cassio e Giuda.

Gli ignavi non trovano posto all’inferno. Non hanno scelto tra bene e male. Per certi versi sono i peggiori. Dante li colloca nel vestibolo. Nel primo cerchio, il Limbo, si trovano i bimbi morti senza aver ricevuto il battesimo, i giusti vissuti prima di Cristo, senza fede e, dopo Cristo, non battezzati. In un luogo a parte, dentro un nobile castello illuminato, risiedono le anime delle persone degne di fama e di onore. Tra questi Virgilio.

Oltre ai dannati troviamo le figure demoniache della mitologia pagana e cristiana: Caronte il traghettatore di anime, Minosse il giudice, le Furie, Medusa, Cerbero, Pluto, Flegiàs, il Minotauro, Gerione, i Giganti e, soprattutto, Lucifero il ribelle, simbolo generale dell’inferno. In genere la loro funzione è quella dei torturatori, dalle Arpie ai serpenti. Le anime dei dannati sono poi abbandonate alla furia degli elementi naturali: in balia del vento i lussuriosi, misture nauseabonde i golosi, fango bollente o ghiacciato i violenti contro il prossimo, del fuoco gli eretici, della merda gli adulatori. Altre anime sono condannate ad immani fatiche fisiche (avari e prodighi, ipocriti) oppure subiscono terribili mutilazioni corporali (suicidi, simoniaci, maghi e indovini, ladri, seminatori di discordia, falsari). Tutte le pene sono di natura fisica. Soltanto le anime del Limbo patiscono moralmente il desiderio disperato di Dio.

Itinerario dantesco ascetico e contemplativo, presa di coscienza della condizione di grave errore e disordine. Dramma della scelta tra Bene e Male. Inferno come Egitto e ricerca della Terra Promessa. Descrizione del mondo umano come vero Inferno, concretezza terribile.

“Se finalmente a ciascuno si volessero porre sott’occhio gli orrendi dolori e strazi, a cui è la sua vita perennemente esposta, lo coglierebbe raccapriccio: e se si conducesse il piú ostinato ottimista attraverso gli ospedali, i lazzaretti, le camere di martirio chirurgiche, attraverso le prigioni, le stanze di tortura, i recinti degli schiavi, pei campi di battaglia e i tribunali, aprendogli poi tutti i sinistri covi della miseria, ove ci si appiatta per nascondersi agli sguardi della fredda curiosità, e da ultimo facendogli ficcar l’occhio nella torre della fame di Ugolino, finalmente finirebbe anch’egli con l’intendere di qual sorte sia questo meilleur des mondes possibles. Donde ha preso Dante la materia del suo Inferno, se non da questo nostro mondo reale? E nondimeno n’è venuto un inferno bell’e buono. Quando invece gli toccò di descrivere il cielo e le sue gioie, si trovò davanti a una difficoltà insuperabile: appunto perché il nostro mondo non offre materiale per una impresa siffatta. Perciò non gli rimase se non trasmetterci, in luogo delle gioie paradisiache, gli ammaestramenti, che a lui furono colà impartiti dal suo antenato, dalla sua Beatrice, e da differenti santi. Da ciò apparisce abbastanza chiaro, di qual natura sia questo mondo”.

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Laterza, Bari, 1979, IV, 59, pag. 428)

Secondo Sartre l’inferno sono gli altri…

J.V.

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