QUALCHE NOTA PER QUANTI VORREBBERO LA SCOMPARSA DI ISRAELE

QUALCHE NOTA PER QUANTI VORREBBERO LA SCOMPARSA DI ISRAELE

Leon de Winter ha scritto il romanzo “Il diritto al ritorno”. Immagina che nel 2024 lo stato di Israele sia ridotto alla “città-ghetto” di Tel Aviv. Dopo il massacro del 7 ottobre non sembra soltanto una fantasia letteraria.

Robert Littell, romanziere e padre di Jonathan autore de “Le benevole”, ha scritto “If Israel Lost the War”, dove si immaginano la sconfitta e la distruzione di Israele dopo la guerra dei sei giorni. Gli occupanti arabo-islamici emanano il decreto numero 1223: “Deportazione di tutti gli ebrei nati all’estero”. Inizia una nuova diaspora, Nasser sorvola le rovine di Tel Aviv e Moshe Dayan viene fucilato. In realtà in una piazza di Teheran esiste veramente un grande orologio che conta i giorni mancanti alla distruzione di Israele. La data è settata per il settembre 2040, secondo le istruzioni date dalla Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei: “Entro 25 anni non ci sarà più nessun Israele”. Lo sceicco Ahmed Yassin, il fondatore di Hamas, più ottimista, fissa la fine d’Israele per il 2027, quarant’anni dopo la prima Intifada. Israele oggi occupa una superficie inferiore a quella del Piemonte (poco più di 20 mila chilometri quadrati) e ha appena il doppio di abitanti di Roma. Un missile iraniano impiegherebbe dodici minuti per raggiungere le città dello stato ebraico e distruggerle. Saul Bellow, Premio Nobel per la Letteratura, così definì la condizione di Israele “E’ sia uno stato-guarnigione che una società colta, sia spartana che ateniese. Non capisco come possono sopportarlo”. Contro lo stato ebraico è in corso una guerra santa, una guerra totale, altro che guerra di liberazione. Israele è l’unica società aperta del medio oriente. L’ayatollah Khamenei fa girare un video intitolato “Preparazione alla completa distruzione di Israele da parte delle Guardie rivoluzionarie islamiche in Iran”. Se Israele dovesse oggi sparire, l’Iran estenderebbe la sua influenza su tutto il medio oriente fino al Mediterraneo.

Finora l’Isis non è stata in grado di prendere il potere in Giordania soltanto grazie alla presenza dell’esercito israeliano. Nella sciagurata ipotesi della caduta di Israele comunque i palestinesi finirebbero con un’altra dittatura araba, la Giordania verrebbe annientata a causa dei legami di re Abdullah con l’occidente, l’Iraq verrebbe subito assorbito dal super-stato “Shiastan” che si espande dall’Iran khomeinista. A quel punto nulla impedirebbe all’Iran e agli islamisti di dichiarare guerra all’Arabia Saudita e ai paesi arabi alleati.

Gli Stati Uniti dovrebbero combattere per difendere i propri interessi in quell’area con esiti imprevedibili. Insomma Israele è l’unico cuscinetto occidentale contro una dittatura islamista che si espanderebbe fino all’Europa. Dopo la guerra del 1967, sul Los Angeles Times, il filosofo Eric Hoffer scrisse: “Gli ebrei sono soli al mondo. Se Israele sopravvive, sarà solo per merito degli sforzi ebraici. Ho una premonizione che non mi lascia in pace; come va per Israele così andrà per tutti noi. Se Israele dovesse perire, l’olocausto sarà su tutti noi”. Tutto ciò non cancella gli errori di Netanyahu ma occorre riflettere prima di desiderare la sconfitta israeliana. Israele ha una sola opzione per continuare ad esistere: vincere.

(Rielaborazione e riassunto da un articolo di Giulio Meotti “Se scomparisse Israele)

J.V.

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