PELÉ (1940-2022)

PELÉ (1940-2022)

“Pelé vede il gioco suo e dei compagni: lascia duettare in affondo chi assume l’iniziativa dell’attacco e, scattando a fior d’erba, arriva a concludere. Mettete tutti gli assi che volete in negativo, poneteli uno sull’altro: esce una faccia nera, un par di cosce ipertrofiche e un tronco nel quale stanno due polmoni e un cuore perfetti”
(Gianni Brera)

Talento immenso, meraviglia, fisicità, sogno, racconto. Se sia stato più forte lui o Diego è argomento che considero ozioso e irrilevante. Ancora più irrilevante considero l’accostamento di qualsiasi altro calciatore a Diego e Pelé. Loro due sono seduti a fianco del Dio del calcio, poi più in basso ci sono Sindelar, Di Stefano, Cruyff. Poi gli altri via via sino a Messi, Ronaldo (quello vero), Beckembauer, Platini, Gullit e gli altri. Pelé è narrazione, oralità, mito, eroe di un calcio ancora ammantato di fascino e mistero, un calcio mistico di oltreoceano. Già il suo breve soprannome evoca il fantastico.
Unico ad aver vinto tre mondiali (58, 62 e 70), un felino elegantissimo in grado di sfidare le leggi della fisica (gol di testa contro l’Italia. Burgnich torna sulla terra e lui resta in aria). Irride Mazurkiewicz col drible de vaca (lascia passare il pallone senza toccarlo verso un lato del portiere e si lancia su quello opposto). È figlio del calciatore Dondinho, poverissimo pulisce scarpe, si chiama Edson Arantes Do Nascimento ma diventa Pelé perché da bambino chiama Pilé il portiere Bilé. Il nomignolo non gli è mai piaciuto. Esordisce nel Santos a soli sedici anni quando Waldemar de Brito dice alla dirigenza del Santos che quel ragazzino di 15 anni sarebbe diventato il miglior calciatore del mondo. Poi il Brasile a 17. In Svezia trionfa e piange tra le braccia di Gilmar. Tutti lo vogliono ma il governo del Brasile lo dichiara “Tesoro nazionale”. Nel 1967 in Nigeria i due eserciti nemici siglano una tregua di 48 ore per poter vedere giocare Pelé in amichevole a Lagos.
Il 27 maggio 1971, allo stadio Lužniki di Mosca, partecipa alla partita d’addio di Lev Jašin, da lui considerato “un grande portiere ed un uomo dalla grandissima generosità”. Poi Stati Uniti, ambasciatore mondiale del calcio. Attore in Fuga per la vittoria di Huston.
Chi, come me, considera il calcio una cosa serissima, ti ringrazia e ti onora.

Addio Edson, vai a giocare con Diego.

“Prima della partita mi ripetevo che era di carne ed ossa come chiunque, ma sbagliavo”
(Tarcisio Burgnich)

J.V.

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