Totò
Totò
“Signori si nasce e io lo nacqui, modestamente!”
“La miseria è il copione della vera comicità… non si può essere un vero attore comico senza aver fatto la guerra con la vita”.
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Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, Antonio De Curtis… Totò il principe della risata o il principe e basta. Maschera autentica da commedia dell’arte, genio assoluto degno di muoversi nell’empireo con i fratelli Marx, Charlot e Buster Keaton. Trasforma in oro ciò che tocca. Recita spesso in film di infimo ordine e con la sua magia li trasforma in diamante puro. Gli Dèi per punirlo di tanta maestria lo accecano. I soliti criticoni lo stroncano, gelosi di tanta capacità e incapaci di farsene una ragione.
Totò De Filippo
“Nel mio pessimismo professionale influisce certo l’atteggiamento negativo dei critici, che mi hanno sempre stroncato. Non posso fare a meno di notare che questi signori si limitano a distruggere, mentre dovrebbero consigliare per il meglio noi attori. Se uno entra in casa mia, osserva che l’arredamento è brutto e mi sfascia i mobili a martellate, non agisce in modo sensato. Meglio sarebbe se esponesse i motivi del suo dissenso, per affinare il mio gusto e farmi capire i miei errori. Ma, alla fine di tutti questi discorsi, rimane la constatazione che io rispetto i critici, mentre loro non rispettano me. Mi rimproverano perché, secondo loro, faccio sempre le stesse cose. Non è vero. Sono passato dalla Commedia dell’Arte alla prosa, dal varietà al cinema, dalla poesia alla musica. Certo, rimango sempre Totò, perché non sono io a comandare la mia faccia, ma la mia faccia a comandare me.“
Totò Faldini
Con lui “popolare” è sinonimo di aristocratico. A scuola non viene soltanto bocciato ma addirittura “retrocesso” dalla quarta alla terza elementare, chiaro segno premonitore di tanta futura bravura. Osserva e imita tutti al punto da essere chiamato ‘o spione. Elegante e raffinato nella vita privata, maschera tragicomica sul lavoro. Infaticabile professionista. Goffredo Fofi scrive, assieme a Franca Faldini, un bel libro sugli aspetti privati “Totò. L’uomo e la maschera”.
Definito ”sciupafemmene” ma capace anche di profondi sentimenti e autentica passione. Tormentato il suo rapporto con la sciantosa Liliana Castagnola. Finirà in tragedia: suicidio della povera donna. Rimorso e dolore lo accompagneranno per tutta la vita. Chiamerà Liliana la figlia che avrà dalla moglie Diana Rogliani. Altri guai giungono nel ‘44 quando rischia di essere arrestato assieme ai fratelli De Filippo per le sue posizioni a favore della Resistenza. ”È stato detto tante volte che Totò sia stato monarchico, lo nego nella maniera più assoluta. Non so per chi votasse, ma sicuramente non votava monarchico. Si lasciò sfuggire un “Viva Lauro” unicamente perché aveva sentito che Lauro aveva fatto delle case per la gente dei bassi; unicamente per questa specie di campanilismo.” (Franca Faldini). Secondo molti cittadini romani contribuì con generosi finanziamenti alla Resistenza. Affollata la galleria degli attori bravissimi che gli fanno da spalla, da Mario Castellani, l’amico di una vita, a Peppino De Filippo e Nino Taranto ad Aldo Fabrizi per citare soltanto i più famosi. Grande stima per Anna Magnani con la quale ironizza a teatro in pieno ‘44 su Mussolini e Hitler ”Io odio i capi, odio le dittature… Durante la guerra rischiai guai seri perché in teatro feci una feroce parodia di Hitler. Non me ne sono mai pentito perché il ridicolo era l’unico mezzo a mia disposizione per contestare quel mostro. Grazie a me, per una sera almeno, la gente rise di lui. Gli feci un gran dispetto, perché il potere odia le risate, se ne sente sminuito.”
Totò magnani
Celebre la sua imprevedibilità sul set cinematografico. Vittorio De Sica racconta “Certe sue folli improvvisazioni durante la recitazione erano geniali e insostituibili“. Dormiglione, non si alzava mai prima dell’una, superstizioso da buon napoletano che si rispetti, primadonna assoluta, generosissimo e amato dal suo “popolo”, sofferente per i duri giudizi dei critici. Viene finalmente apprezzato con Guardie e ladri, presentato a Cannes nel ‘52. Memorabile la trilogia scarpettiana  “Un turco napoletano”, ”Miseria e nobiltà” e “Il medico dei pazzi“. Impressionante la sua capacità mimetica in ”Totò Diabolicus” dove interpreta ben sei personaggi differenti. ”Ho girato diversi film mediocri, altri che erano veramente brutti, ma, dopo tutta la miseria patita in gioventù, non potevo permettermi il lusso di rifiutare le proposte scadenti e restarmene inattivo…”
Poi Lattuada, Fellini, Pasolini e lo sdoganamento dei critici. Pasolini, affascinato dalla sua maschera che “riuniva in sé, in maniera assolutamente armoniosa, indistinguibile, due momenti tipici dei personaggi delle favole: l’assurdità, il clownesco e l’immensamente umano”.
La vera passione della sua vita resta comunque il teatro anche per il rapporto diretto col pubblico.
Totò Diabolicus
Muore il 15 aprile 1967 nella sua casa romana di Via dei Monti Parioli, alle 3 e 40, l’ora alla quale solitamente andava a dormire.
È morta l’ultima delle grandi maschere della commedia dell’arte.” dirà Nino Manfredi. Malgrado la sua volontà di avere un funerale semplice, ne avrà addirittura tre. Il primo a Roma dove confluiscono tutte le principali personalità dello spettacolo, da Alberto Sordi a Monica Vitti, registi e critici, compresi quelli avversi. Sulla bara vengono poggiati un garofano rosso e la celebre bombetta. Al momento della benedizione della salma Franca Faldini viene fatta uscire dalla chiesa in quanto non sposata con Totò. Il secondo a Napoli due giorni dopo. Città ferma per ore, serrande abbassate, segni di lutto ovunque, quasi trecentomila persone ai funerali. Nino Taranto tiene l’orazione funebre “Amico mio, questo non è un monologo, ma un dialogo perché sono certo che mi senti e mi rispondi, la tua voce è nel mio cuore, nel cuore di questa Napoli, che è venuta a salutarti, a dirti grazie perché l’hai onorata. Perché non l’hai dimenticata mai, perché sei riuscito dal palcoscenico della tua vita a scrollarle di dosso quella cappa di malinconia che l’avvolge. Tu amico hai fatto sorridere la tua città, sei stato grande, le hai dato la gioia, la felicità, l’allegria di un’ora, di un giorno, tutte cose di cui Napoli ha tanto bisogno. I tuoi napoletani, il tuo pubblico è qui, ha voluto che il suo Totò facesse a Napoli l’ultimo “esaurito” della sua carriera, e tu, tu maestro del buonumore questa volta ci stai facendo piangere tutti. Addio Totò, addio amico mio, Napoli, questa tua Napoli affranta dal dolore vuole farti sapere che sei stato uno dei suoi figli migliori, e che non ti scorderà mai. Addio amico mio, addio Totò.” Il terzo funerale viene organizzato da un guappo del
Rione Sanità, il quartiere dove era nato l’attore, il 22 maggio con la bara vuota ma con centinaia di migliaia di persone.
“Era un vero poeta popolare, un fantasista espertissimo nell’arte di arrangiarsi e di arrangiare ogni gesto ed espressione… Non era certo solo un comico, proprio come Buster Keaton. I suoi film potrebbero essere anche muti: riesce sempre a trasmettere il senso della storia. Grazie ai vostri sceneggiatori e alla sua mimica, dai suoi film traspare un personaggio a tutto tondo: astuto, ingenuo e anche vessato dalle circostanze della vita. Per questo continuerà a essere imitato, senza speranza di eguagliarlo. C’è sempre suspense nella sua recitazione: si aspetta una sua nuova battuta, una strizzatina d’occhi, ma resta imprevedibile il suo modo di sviluppare una storia.“ (George Clooney)
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«Al mio funerale sarà bello assai perché ci saranno parole, paroloni, elogi, mi scopriranno un grande attore: perché questo è un bellissimo paese, in cui però, per venire riconosciuti qualcosa, bisogna morire”
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”Non è una cosa facile fare il comico, è la cosa più difficile che esiste, il drammatico è più facile, il comico no; difatti nel mondo gli attori comici si contano sulle dita, mentre di attori drammatici ce ne sono un’infinità. Molta gente sottovaluta il film comico, ma è più difficile far ridere che far piangere.”
J.V.

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