Giuliano l’apostata

Pubblicato per la prima volta nel 1964, Giuliano è uno dei romanzi di maggiore successo di Gore Vidal. La fortuna ininterrotta che i lettori gli hanno tributato dalla sua uscita e gli apprezzamenti favorevoli della critica letteraria lo fanno annoverare tra le opere di narrativa più importanti della letteratura americana del Novecento. Il romanzo racconta la vita privata e politica di Giuliano, l’imperatore romano del quarto secolo, nipote di Costantino, che durante i brevi anni del suo regno tentò di soffocare la diffusione del cristianesimo e di restaurare il culto degli dèi, passando per questo motivo alla storia con l’appellativo di “Apostata”. Morirà assassinato nel 363, tre anni dopo essere diventato imperatore, avendo completamente fallito la realizzazione del suo progetto. Il racconto di Vidal comincia diciassette anni dopo la morte di Giuliano e prende le mosse dalla corrispondenza tra due potenti e influenti uomini politici del tempo. Senza scrupoli, portati a privilegiare gli intrighi della politica e del potere, non esitano a farcire le loro lettere di osservazioni malevole, pettegolezzi e maliziose digressioni che interpolano al diario scritto dall’imperatore, destinato a essere la sua autobiografia. Nelle pagine di Giuliano troviamo così l’affascinante rappresentazione di un conflitto politico e religioso in cui già si profila il declino dell’Impero Romano; ma troviamo, soprattutto, il sentimento di un’epoca, raffigurato con maestria e con l’inconfondibile stile di Gore Vidal. Nella lotta senza speranza contro il cristianesimo ormai trionfante, nel tentativo – che egli stesso sa essere destinato a fallire – di restaurare una religione che lo spirito del tempo non sente più sua, si nasconde il tormento di un’anima spaventata e smarrita di fronte al futuro. Un sentimento che appartiene a ogni epoca e che fa della tragica parabola dell’imperatore romano una storia attuale anche ai giorni nostri. (Recensione Fazi editore).

Un romanzo storico epistolare struggente, denso di pathos e tensione narrativa. Gli orrori del potere (quasi tutti i parenti del giovane Giuliano sterminati dall’imperatore suo cugino), l’educazione classica e filosofica, le bugie della storiografia avversa, il trionfo dell’intelligenza politica, le capacità militari, il coraggio in battaglia. Come spesso avviene, nel momento del tramonto di un’epoca, maturano i frutti migliori. Giuliano rappresenta l’estremo e disperato tentativo del mondo pagano di sopravvivere di fronte all’avanzata del Cristianesimo, l’ultima disperata e tragica resistenza di un mondo che sta per scomparire, stretto tra le scelte di Costantino e Teodosio, fondatore il primo dell’Impero romano-cristiano e promulgatore dell’editto di Tessalonica il secondo (L’editto di Tessalonica, conosciuto anche come Cunctos populos, venne emesso il 27 febbraio 380 dagli imperatori Graziano, Teodosio I e Valentiniano II, un bambino di nove anni. Il decreto dichiara il cristianesimo secondo i canoni del credo niceno la religione ufficiale dell’impero, proibisce in primo luogo l’arianesimo e secondariamente anche i culti pagani. Per combattere l’eresia si esige da tutti i cristiani la confessione di fede conforme alle deliberazioni del concilio di Nicea. Il testo venne preparato dalla cancelleria di Teodosio I e successivamente venne incluso nel Codice teodosiano da Teodosio II. La nuova legge riconosceva alle due sedi episcopali di Roma e Alessandria d’Egitto il primato in materia di teologia.)

Alcune citazioni dal libro
* Orbene, i Greci – io ne convengo – inventarono sugli Dei miti incredibili e mostruosi. Dicono che Crono divorasse i propri figli e poi li rivomitasse. Poi vi sono le nozze incestuose. Zeus si unì con la madre e ne ebbe dei figli; sposò quindi la propria figlia, o, meglio, non la sposò neanche, ma, unitosi semplicemente con essa, la diede tosto ad un altro. Poi vi è lo smembramento di Dioniso e la riappiccicatura delle membra. Così sono i miti dei Greci. Con questi paragona adesso la dottrina giudaica, e il paradiso piantato da Dio, e Adamo da lui plasmato, poi la donna creata per Adamo. Dice Iddio: «Non è bello che l’uomo sia solo. Diamogli un aiuto, simile a lui»: un aiuto che non solo non lo aiuta in nulla, ma lo tradisce e diventa la causa per lui e per sè dell’espulsione dalle delizie del paradiso. Ecco una storia veramente favolosa! Poteva Iddio ragionevolmente ignorare che quell’essere, da lui assegnato come aiuto, sarebbe stato fonte non tanto di bene, quanto piuttosto di male all’uomo? E il serpente che discorre con Eva, di quale lingua diremo che fece uso? Di quella umana? In che cosa dunque differiscono queste cose dalle fantasie dei Greci? E il divieto che Dio impone agli esseri umani, da lui creati, di distinguere il bene dal male, non è il colmo dell’assurdità? Può darsi un essere più stupido di quello che non sappia distinguere il bene dal male? È evidente che, così essendo, non fuggirà l’uno, vale a dire il male, nè seguirà l’altro, vale a dire il bene. In sostanza Iddio proibì, in questo modo, agli uomini di gustare la scienza, che è cosa della quale nessuna può trovarsi a loro più cara. Difatti, che distinguere il buono dal cattivo sia la funzione propria della scienza, questo lo capiscono anche gl’imbecilli. Quindi il serpente fu piuttosto il benefattore, che non il nemico del genere umano. E a Dio potrebbe darsi, perciò, nome di geloso.
* Senonché qui sarebbe il caso di domandare a Paolo come mai, se Dio non è solo dei Giudei ma di tutte le genti, ai soli Giudei largì il dono profetico, e Mosè, e il crisma, e i profeti, e la legge, e le stravaganze e i miracoli della favola. Tu li odi che gridano: «L’uomo mangiò del pan degli angeli». E alla fine mandò a loro anche Gesù. A noi nessun profeta, nessun crisma, nessun maestro, nessun messo di questa sua tardiva benevolenza, che doveva un giorno estendersi anche a noi! Egli lascia per miriadi, o, se volete, anche solo per migliaia di anni, in una tale ignoranza, schiàvi, come voi dite, degli idoli, tutti i popoli dall’Oriente all’Occidente, dal Settentrione al Mezzogiorno, ad eccezione di una piccola schiatta stabilitasi da neanche duemila anni in un solo angolo della Palestina. Se è Dio di noi tutti, e di tutti egualmente creatore, perché ci ha trascurati? – Convien dunque ritenere che il Dio degli Ebrei non sia affatto il generatore di tutto il mondo, nè abbia affatto il dominio dell’Universo, ma sia circoscritto, come dicevo, e, avendo un potere limitato, vada messo insieme con gli altri Dei.

Giuliano, come Nerone, Caligola e Commodo, è stato vittima di avversa e interessata storiografia malevola per ragioni politico-culturali. Giuliano più di ogni altro. Sarebbe sufficiente leggere il giudizio di un padre della Chiesa, Gregorio di Nazanzio, per comprendere la malevolenza interessata della Chiesa nei suoi confronti.

Gore Vidal, pseudonimo di Eugene Luther Gore Vidal (West Point, 3 ottobre 1925 – Hollywood Hills, 31 luglio2012), è stato uno scrittore, saggista, sceneggiatore e drammaturgo statunitense.
Autore prolifico di romanzi, saggi, opere teatrali, è altresì famoso per aver scritto sceneggiature di film di successo come Improvvisamente l’estate scorsa di Joseph L. Mankiewicz e Ben-Hur di William Wyler. Cresce a Washington D.C., dove frequenta la St. Albans School. Il nonno materno, il senatore Gore, è cieco, e il nipote, che legge spesso per lui, di tanto in tanto gli fa da guida: ciò gli consente l’accesso – insolito per un bambino – ai corridoi del potere. L’isolazionismo del senatore Gore è uno dei principi ispiratori della filosofia politica di Vidal, che ha sempre criticato con fermezza l’imperialismo statunitense. Non a caso, oltre a un’innumerevole serie di saggi sull’argomento (molti dei quali pubblicati in Italia da Fazi Editore), ha scritto un ciclo di romanzi che descrive proprio il passaggio degli Stati Uniti da repubblica a impero: le cosiddette Narratives of Empire sono un ciclo di 7 romanzi che abbracciano la storia statunitense dai primi dell’Ottocento (Burr) alla seconda guerra mondiale (L’età dell’oro).

Gore Vidal scrive benissimo e Giuliano mi ha entusiasmato, affascinato per la saggezza, il coraggio, la capacità di sopportare l’invidia e l’odio dei nemici (e dei presunti amici). Muore con dignità e coraggio dopo aver vissuto con dignità e coraggio, in battaglia contro i Parti (combatteva sempre in prima linea), a causa di un colpo di lancia… lancia scagliata da uno dei suoi. Prima di morire così si esprime:
<<Adesso giunge, o compagni, il tempo più adatto per allontanarsi dalla vita, che è reclamata dalla natura. Esulto, come colui che sta per restituire un debito in buona fede. Non sono afflitto e addolorato (come alcuni pensano). Sono guidato dalla opinione generale dei filosofi che l’anima sia più felice del corpo. E osservo che, ogni volta che una condizione migliore sia separata da una peggiore, occorre rallegrarsi piuttosto che dolersi. Noto anche che gli dei celesti donarono ad alcuni molto religiosi la morte come sommo premio. Ma so bene che quel compito mi è stato affidato non per soccombere nelle ardue difficoltà, né per avvilirmi, né per umiliarmi. Ho imparato a conoscere per esperienza che tutti i dolori colpiscono chi è senza energia, ma cedono di fronte a coloro che persistono.>> (citato in Ammiano Marcellino, Rerum gestarum libri).
Ecco… cedono di fronte a quelli che persistono… ed io persisto.

J.V.

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