Arminio (Armin) e il disastro di Teotoburgo

Augusto riceve da Arminio forse il più grave dispiacere della sua vita: la catastrofe di Teotoburgo.

Principe germanico, duce dei Cherusci, nasce nel 16 a. C., da Sigimero, già entrato nell’orbita romana. Partecipa alla campagna di Tiberio, figlio adottivo di Augusto e soldato invincibile, in Germania, dal 5 al 6 d. C., come comandante di un reparto di truppe ausiliarie. Cittadino romano ammesso all’ordine equestre, onore concesso assai raramente dall’Imperatore. Tacito lo descrive come soldato abile e violentissimo, con occhi di fuoco e dotato di grande forza.

Augusto ha un grande progetto: spostare il confine di seicento chilometri, dal Reno all’Elba. Unificazione del mondo di allora, mossa preventiva contro le invasioni barbariche, pax romana. Venti anni di guerre per realizzare questo disegno. Purtroppo non riesce, con conseguenze devastanti. 

Publio Quintilio Varo, inviato in Germania come legato di Augusto (verso il 7 d. C.), vuol mutare i costumi del paese, introducendo il diritto romano tra popoli abituati a risolvere le controversie con la forza delle armi. Si sviluppa un forte malcontento, conseguenza anche della rivolta pannonica del 6-9 d.C.. Arminio inizia a tessere una fitta rete di alleanze con tutti i popoli germanici e al contempo gode dell’amicizia di Varo. Lo sciagurato porta gli accampamenti estivi presso il Visurgi. Alcuni capi germanici mettono inutilmente in guardia Varo. Restano inascoltati. Tolto il campo in autunno, in marcia verso il Reno, in una regione impervia tra boschi e paludi, tre legioni romane di eccellenza vengono massacrate dai Germani senza possibilità di difesa alcuna. Come Crasso contro i Parti sessant’anni prima, prigioniero del terreno di battaglia; per Crasso il deserto, per Varo la foresta. Ventimila soldati uccisi e orribilmente mutilati, Varo si suicida, Augusto non crede alla notizia. “Vare, Vare, redde legione meas” grida come un ossesso nei corridoi della sua casa. Teotoburgo diviene il simbolo del tradimento di Arminio ma anche un’onta da cancellare al più presto. Tiberio, ora imperatore, ordina al nipote Germanico, di vendicare Teotoburgo. Il giovane Germanico, a capo di sei legioni, circa centomila uomini, risale il Reno. Mille navi trasportano l’esercito. Le legioni vengono portate sul luogo della catastrofe. Germanico vuole che i soldati vedano… un campo sterminato di scheletri mutilati, crocifissi agli alberi, vittime di orribili atrocità. Ora gli uomini sono pronti. La trappola di Teotoburgo sta per scattare nuovamente ma Germanico non è Varo. Riorganizza le legioni, ordina il fronte-retro, L’Aquila imperiale indica il verso della battaglia, esce dalla trappola. Poi ad Idistaviso, presso il fiume Weser, riporta una grande vittoria. Il grido di Germanico prima della battaglia è “Niente prigionieri”. La vendetta è compiuta ma il disegno di Augusto non viene realizzato. Il confine resta sul Reno. Arminio cade in una trappola tesa dai suoi stessi parenti, stanchi dei suoi atteggiamenti dispotici. Sua moglie Tusnelda, viene condotta a Roma ad ornare il trionfo di Germanico (17 d. C.), insieme col figlioletto Tumelico, educato poi a Ravenna.

Tacito ammira Arminio e lo considera il liberatore della Germania. Il nazionalismo tedesco lo considera il simbolo della lotta contro il mondo latino. Schlegel, Klopstock e von Kleist, tra gli altri, ne esaltano la figura. Presso Detmond viene inaugurato nel 1875 un gigantesco monumento bronzeo in suo onore. Non parliamo dei nazisti che ne fanno un eroe nazionale. Del resto la Storia è sempre Storia contemporanea. Il passato usato per giustificare ed esaltare il presente oppure per dimenticare o screditare il nemico.

Il disegno di Augusto era lungimirante: Europa unita nella romanità. Europa rischia oggi una nuova Teotoburgo. Incapacità delle decisioni politiche a sei mesi. Sembra vengano cancellate le lezioni terrificanti del secolo scorso.

J.V.

Rispondi