Nerone

Nerone

Nessun personaggio storico forse gode di fama pessima come Nerone. Folle, crudele, incendiario, uxoricida, matricida, assassino di vittime inermi, persecutore dei cristiani, artista fallito e privo di talento, scialacquatore. Peter Ustinov in Quo Vadis? ci offre un quadro perfetto di questa rappresentazione: canta con voce fastidiosa durante lo spaventoso incendio di Roma.

Con Nerone trionfa il mito dell’orco al potere. Un ritratto demoniaco che, a mio avviso e di altri studiosi ben più autorevoli di me, non funziona. Dopo la morte di Nerone, nel 68, per molti anni il popolo, che lo amava moltissimo, ne sogna il ritorno, si sente orfano di un grande e geniale imperatore che rendeva felici le masse. Gli immediati ed effimeri successori Otone e Vitellio dicono di ispirarsi a lui. Non è facile competere con l’eroe scomparso al punto che la critica malevola li definisce i “Neronetti”. In Oriente sorgono tre Nerone diversi, vengono smascherati e uccisi. Ma il mito continua. Il popolo sogna il ritorno di Elvis Presley. Tutti auspicano il ritorno del sovrano che incanta le folle, del genio che sogna in grande, del musicista, dell’esteta. Perché allora una così pessima fama che contrasta con la realtà? Storiografia cristiana e critiche feroci del Senato all’operato del giovane imperatore, saldandosi, hanno formato una miscela esplosiva.

Analizziamo i fatti. Sale al potere nel 54 grazie alle abili e feroci mosse della madre Agrippina. I primi anni sono buoni. Il quinquennio felice si svolge sotto l’ala protettrice della madre e del suo Maestro, Seneca. Il filosofo sogna un impero ispirato alla clemenza universale. Il diciassettenne imperatore ama il proprio Maestro e lo segue con passione. Ma non è semplice governare un immenso impero soltanto con la clemenza. Già nel 55, con la complicità di Seneca e del prefetto Burro, elimina il fratellastro Britannico. In termini di puro potere si può parlare di omicidio annunciato e quasi obbligato. Assisteremo in futuro ad eccidi ben più terribili (parenti di Costantino e molti altri). Inoltre Nerone dopo cinque anni si sente mancare l’aria, si sente schiacciato da una madre che lo ha portato al trono ma non vuole farlo governare e da un precettore che vuole la filosofia stoica al potere. Per divenire uomo e autentico imperatore inizia la sua carriera criminale. Uccide la madre ma è vero che precede sul tempo Agrippina ormai convinta di dover assassinare il figlio, a suo modo di vedere, ingrato. Costringe al suicidio Seneca.

Fa uccidere la moglie Ottavia, da lui detestata perché imposta dalla madre. Può così sposare la bellissima Poppea. Per futili motivi uccide anche lei prendendola a calci mentre porta in grembo un bambino. Poi la piangerà per tutta la vita. Come per Caligola o Commodo, l’infinito potere da un lato e l’estrema precarietà del potere stesso dall’altro, rappresentano un pericolo costante. Delirio di onnipotenza, sospetti e crudeltà sono una costante dell’esercizio imperiale.

Governando da solo può dare libero sfogo a ciò che più gli interessa: musica, arti, cultura greca, competizioni canore e musicali in genere. Non è un dilettante, si prepara seriamente, delizia le masse adoranti. Non ha il senso del limite nel bene e nel male, offre un sogno al popolo, vuole tagliare l’istmo di Corinto, costruire un canale di sicurezza tra Campania e Roma, esplorare il Caucaso. Spende somme colossali per costruire residenze sontuose e meravigliose.

La notte del 18 luglio 68 la catastrofe, l’incendio di Roma. Le fiamme partono dal circo Massimo e si propagano velocemente per tutta la città. Tacito dirà che sono più veloci le fiamme dei soccorsi. Dei 14 quartieri di Roma ne restano intatti soltanto 4. I nemici dell’imperatore mettono in giro la voce che il responsabile sia Nerone stesso, desideroso di cantare l’incendio di Troia ed interessato alla ricostruzione di una capitale più fastosa che porti il suo nome Neropoli. Tutto falso. I documenti a disposizione degli storici scagionano completamente Nerone. Purtroppo quando avvengono queste tragedie le masse hanno bisogno di un capro espiatorio (il caso degli ebrei nel medioevo dopo una pestilenza, e in tempi tristissimi a noi vicini dopo una terribile guerra) e Nerone per allontanare i sospetti dalla propria persona, con mossa infame, li storna sui cristiani. Tigellino mette in atto una spaventosa propaganda denigratoria contro i cristiani già malvisti dalla popolazione. Il gioco è fatto. Inizia la prima grande persecuzione. Vengono divorati dalle belve feroci nel circo, arsi vivi per illuminare la notte. Gli apostoli Pietro e Paolo muoiono martirizzati. La storiografia cristiana scriverà pagine di fuoco contro Nerone. Inizia la leggenda nera. Anche i senatori mal tollerano un imperatore così anticonformista e rivolto al progresso. Il Senato, che vede nel passato il modello da seguire, vive come un pericolo l’utopia di Nerone. La crisi finanziaria dovuta alla politica faraonica del giovane sovrano e alle ingenti spese per la ricostruzione della capitale, crea un malcontento spaventoso. Dalle Province iniziano le rivolte. I Senatori dichiarano Nerone nemico pubblico con tutte le conseguenze terribili del caso. Il giovane artista, il sognatore, l’uomo senza limite, l’idolo delle masse, ormai isolato e privo della protezione dei pretoriani, si suicida il 9 giugno del 68, all’età di trent’anni e dopo 14 di regno.

Luci e ombre, grandi opere e sogni sconfinati. Gli storici moderni hanno ampiamente rivalutato un imperatore che ha commesso crimini (in linea con altri sovrani detentori di un immenso potere) ma che era anche assai amato dal popolo. Cristiani e Senatori non lo amavano affatto ed è comprensibile.

J.V.

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